Scalfari: “Il cambiamento spetta ai giovani”, i vecchi sono nel loro tempo

Pubblicato il 23 Luglio 2013 - 06:16 OLTRE 6 MESI FA
Scalfari: "Il cambiamento spetta ai giovani", i vecchi sono nel loro tempo

Eugenio Scalfari: “I vecchi vivono nel loro tempo”, “il cambiamento lo faranno i giovani”

Una lezione di storia, quella grande, che si sviluppa nei secoli, è stata impartita da Eugenio Scalfari a Michele Serra e a tutti noi sulle pagine di Repubblica. Un grande affresco, focalizzato sulla Francia, magari un po’ Bignami, che sembra prescindere dalla madre di tutte le storie e di tutte le ideologie, l’economia; prescinde anche dagli scontri fra le classi e dalle loro crescite e evoluzioni, ma con una capacità di sintesi rara.

E, nelle ultime righe, anche una grande lezione morale, impartita con distacco, dal più grande giornalista degli ultimi cent’anni:

“Serra sostiene che, a partire dalla Rivoluzione francese dell’Ottantanove, ebbe inizio un cambiamento politico che con fasi diverse ed anche alterne è arrivato fino ai nostri giorni e ancora durerà, sempre opponendo la destra alla sinistra, la prima incline a conservare l’esistente e la seconda a cambiarlo.

[…]

“La parola che distingue la sinistra è dunque cambiamento, che può andare dal più spicciolo riformismo fino alla vera e propria rivoluzione che tutto abbatta e tutto ricostruisca.

“La descrizione di Serra è giusta ma estremamente semplificata. Manca un elemento fondamentale che si chiama realtà, ed un altro ancor più determinante che si chiama “resto del mondo”.

[…]

“La rivoluzione dell’Ottantanove richiamata da Serra era in realtà cominciata due secoli prima con Colombo e la scoperta del Nuovo Mondo, poi con Galileo e Copernico nella scoperta della nuova scienza e con Montaigne nella cultura e nel pensiero; infine con l’Illuminismo e l’Enciclopedia.

“Di lì comincia un’epoca che si chiamò la modernità e i suoi cambiamenti, i primi dei quali, nella politica propriamente detta, ebbero inizio nientemeno con il regno di Luigi XVI che fu un sovrano riformista anche se alla fine ci rimise la testa insieme alla sua famiglia. Infatti chiamò al governo i fisiocratici e Turgot, indisse dopo circa due secoli la riunione degli Stati Generali e ne accettò la trasformazione in Assemblea costituente, anche per combattere una recessione che stava impoverendo le campagne; infine accettò la Costituzione del 1791 e l’Assemblea legislativa che ne fu il risultato.

“Qui si ferma il cambiamento democratico che, avendo perso di vista l’elemento della realtà, si trasformò rapidamente nella dittatura di Robespierre ispirata dai giacobini e dalla Comune di Parigi e culminata nel terrore. Danton cercò di impedire quella deriva e di deviarla nella difesa patriottica contro gli eserciti delle monarchie europee, ma ci rimise la pelle anche lui, insieme ai repubblicani democratici della Gironda. Poi Robespierre fu rovesciato e cominciò il terrore del Direttorio; poi Napoleone e vent’anni di guerre, poi la restaurazione borbonica, poi il regno parzialmente liberale di Filippo d’Orleans, poi la seconda rivoluzione del Quarantotto che coinvolse tutta l’Europa cui seguirono i prussiani da un lato e Napoleone III dall’altro con l’annessa “cuccagna” del primo capitalismo corrotto fin nelle midolla, poi Sedan, poi la Comune e infine la repubblica parlamentare.

“Dall’Ottantanove alla fine dell’Ottocento tre anni di cambiamenti progressisti e un secolo di dittature, terrore, stragi, guerre. Seguirono trent’anni di Belle Époque e poi di nuovo terrore, stragi e guerre dal 1914 al 1945. Finalmente una destra e una sinistra accettabili e un capitalismo di tonalità democratica. Nel frattempo però la modernità è terminata”.

Veniamo a oggi. Scrive Eugenio Scalfari, spostando l’obiettivo su tutto il mondo e poi si presume sull’Italia:

“Siamo agli albori di un’epoca nuova, socialmente “liquida”, globale, tecnologica, nella quale il linguaggio è radicalmente cambiato e quindi anche il pensiero che lo articola e ne è articolato.

“La parola che continua a significare cambiamento sta vedendo la fine di un’epoca mentre l’epoca nuova non è ancora cominciata. Per questo siamo liquidi, acqua priva di forma e assenza di contenitori.

“Il cambiamento spetterà farlo ai giovani. Tu ed io, caro amico mio, abbiamo vissuto il nostro tempo. Chi vuole il cambiamento e si rivolge a noi può solo essere aiutato a non dimenticare l’esperienza passata ma non ad immaginare il futuro. Sarebbe come aver chiesto a Boezio i rudimenti della civiltà medievale mentre lui aveva in mente ancora la romanità e perciò non era adatto”.