Scambio embrioni Pertini, genitori biologici: “Figli nostri, ma coppia sparita”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Giugno 2014 - 12:54 OLTRE 6 MESI FA
Scambio embrioni Pertini, genitori biologici: "Figli nostri, ma coppia sparita"

Scambio embrioni Pertini, genitori biologici: “Figli nostri, ma coppia sparita”

ROMA – “Sono spariti con i loro figli”. I genitori biologici dello scambio di embrioni all’ospedale Sandro Pertini di Roma non si dà pace. Quei gemelli, un maschio e una femmina, che nasceranno tra agosto e settembre sono i loro figli naturali ma la coppia che li ha in grembo si rifiuta di vederli. E i genitori biologici si dicono pronti a dare battaglia, nell’intervista rilasciata a Margherita De Bac del Corriere della Sera.

Un’intervista in cui parlano del dolore di sapere che potrebbero non vedere più i loro bambini, anche se una sentenza della Corte di Strasburgo riapre la speranza:

“La scorsa settimana i giudici europei hanno condannato la Francia per aver proibito il riconoscimento legale della relazione tra un padre biologico e i figli nati con la maternità surrogata (o utero in affitto), praticata in una clinica americana. Secondo la Corte, la negazione del legame ha posto i bambini in una «situazione di incertezza legale che mina l’identità dei piccoli nella società»”.

La storia della coppia però è differente, dato che la loro è una condizione di maternità surrogata involontaria, e alla De Bac rispondono:

“Vi sentite rinfrancati da questa sentenza che riafferma il diritto dei neonati? «Rinfrancati è una parola grossa. Si riaccende però la speranza di riavere i nostri bambini. Noi abbiamo sempre pensato che i loro interessi dovessero essere messi al primo posto. E il loro bene è crescere nella loro vera famiglia, con i genitori che gli assomigliano e in cui si riconoscono perché hanno lo stesso naso, la stessa forma del viso, lo stesso modo di camminare. Perché privarli dei veri nonni? Dell’ambiente in cui se quell’errore non ci fosse stato sarebbero diventati grandi e che avrebbe influenzato il loro sviluppo culturale? Per poi un giorno dovergli rivelare la verità… No, tutto questo è profondamente ingiusto. Noi questi bambini li abbiamo desiderati, sono il nostro progetto di vita».
Siete pronti a una battaglia legale? «Avremmo preferito la strada del dialogo con l’altra coppia e lo abbiamo cercato in tutte le maniere. Ma sono spariti e si sono sottratti alle nostre richieste non rispondendo a un’istanza da noi presentata all’ospedale Pertini dove chiedevamo che ci fossero comunicati i nominativi. Siamo convinti che se ci incontrassimo, noi quattro e basta, senza gli avvocati, potremmo trovare una soluzione, chissà. Il dialogo è importante. Invece ci hanno ignorati, sono fuggiti e non hanno pensato al bene dei gemelli che hanno dei veri genitori e siamo noi. Fossimo al loro posto non potremmo convivere col rimorso di coscienza di esserci presi ciò che non ci appartiene».
Vi siete arresi di fronte alla loro volontà di nascondersi? «Macché arresi. Il termine dell’istanza scadeva la scorsa settimana. Abbiamo presentato un ricorso al Tar del Lazio dove chiediamo di poter conoscere il nome della signora nella quale erroneamente è avvenuto l’impianto di embrioni che hanno il nostro stesso Dna. Speravamo di non dover arrivare a tutto questo. Noi intendiamo far valere il diritto fondamentale a essere riconosciuti come genitori dei nostri figli. Ma prima di noi i bambini hanno diritto alla propria identità. Lei ci sente parlare come fossimo avvocati. Quanto avremmo desiderato non dover mai studiare leggi».
Com’è la vostra vita adesso? «È una assenza di vita. Andiamo al lavoro indossando una maschera per non tradire le emozioni, tutto ci appare scialbo, piangiamo spesso. I bimbetti li sogniamo, cerchiamo di immaginarli, è come se li accarezzassimo. Il giorno del parto si avvicina ed è sempre più difficile sopportare questo dolore. Il pensiero che nascano lontano da noi è una violenza inaudita. Pensi, quando quel maledetto mercoledì 17 ci hanno mostrato la risposta dell’analisi del Dna ci siamo emozionati nel vedere quei colonnini che indicavano i caratteri dei nostri bambini. La loro fotografia genetica. Non vogliamo che rimanga l’unica»”.