Sergio Cofferati: “La Cgil si fermi. Smetta di trattare il dissenso con lo Statuto”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Febbraio 2014 - 12:58 OLTRE 6 MESI FA
Sergio Cofferati: "La Cgil si fermi. Smetta di trattare il dissenso con lo Statuto"

Sergio Cofferati: “La Cgil si fermi. Smetta di trattare il dissenso con lo Statuto”

ROMA – La Cgil si fermi. Smetta di trattare il dissenso con lo Statuto e ripristini un passaggio fondamentale, la consultazione di coloro che sono coinvolti dall’Accordo sulla rappresentanza, gli iscritti dell’industria” così Sergio Cofferati si appella a Susanna Camusso.

Salvatore Cannavò sul Fatto Quotidiano:

 “Parliamo di uno scontro molto più duro di quello attuale in cui si rivendica solo autonomia”. Eppure allora, ricorda Cofferati, il congresso non si spaccò, nessuno chiamò in causa gli organi di garanzia interna, la divergenza rimase nel binario di una dialettica naturale. “E va ricordato” dice l’ex leader Cgil “che in quella segreteria, guidata da Claudio Sabattini c’era proprio Susanna Camusso”. “Il dissenso – insiste Cofferati – si affronta con la politica e non con i regolamenti interni. L’idea di rispondere a delle obiezioni di merito utilizzando lo Statuto mi pare sbagliata”. DI CAMUSSO preferisce non parlare ma ammette di essere rimasto “molto sorpreso” nel leggere la lettera inviata al Collegio statutario (quella con cui il segretario generale ha chiesto se e come sia possibile sanzionare Landini) definita “irrituale”. Di fatto “un’anomalia” nella vita democratica del sindacato. Da qui l’invito a “fermarsi”, e a dare vita alla consultazione degli iscritti, fuori dal congresso e utilizzando quest’ultimo per una discussione sulla funzione del sindacato. E se non ci si ferma? “Si rischia di produrre una frattura che poi diventerà difficile ricomporre”. L’appello di Cofferati giunge nel momento in cui il “processo alla Fiom” occupa tutto il sindacato. Ieri Maurizio Landini, intervenendo con Walter Veltroni alla presentazione del libro di Corrado Formigli, ha ribadito di non “volere scissioni” ma che “fino a quando non faranno votare i lavoratori non cambio idea”. Molti dirigenti nazionali, invece, come la segretaria della Funzione pubblica o quelli di Filcams e Fillea, si sono pronunciati a difesa della segreteria generale. Non l’ha fatto Carla Cantone, dello Spi-Cgil, che vale la metà degli iscritti del sindacato, con un silenzio che può essere indicativo della preoccupazione che aleggia nella maggioranza Cgil. “CHE IN GIRO CI SIA un bel po ’ di mal di pancia, è certo” dice al Fatto Gianni Rinaldini, che di Landini è stato il predecessore e che, allo scorso congresso, ha diretto la minoranza de “La Cgil che vogliamo”. Rinaldini ritiene che, con queste regole e con questa vita interna, “la Cgil non sia più ‘ scalabile’”. “La dialettica democratica è bloccata, tutto viene gestito e controllato dal gruppo dirigente con metodi autoritari”. Rinaldini ne ha per tutto il Direttivo nazionale che “ha votato un accordo sulla rappresentanza facendo finta che si trattasse di un semplice regolamento”. La Cgil che qui viene descritta è un sindacato gestito completamente dall’alto “che accetta le bugie” e che quindi è avvitato in una “crisi vera e drammatica”. “Se continuiamo così faremo la fine dei partiti, saremo travolti e ci estingueremo. Il sindacato è in crisi in tutta Europa”. La ricetta, spiega il sindacalista, è solo un recupero pieno della democrazia “che non può essere sequestrata dai sindacati ma appartiene a tutti i lavoratori”. Da qui, la proposta di andare oltre lo Statuto dei lavoratori con “una legge che affermi il diritto dei lavoratori a votare sul proprio contratto”. PER QUANTO riguarda il dibattito interno, Rinaldini propone di “sospendere il congresso, che ormai ha cambiato senso”. E poi chiama in causa direttamente il ruolo di Susanna Camusso. Alla domanda se l’attuale segretario sia adeguata a guidare l’organizzazione risponde con un paragone storico: “Quando Bruno Trentin, nel 1992, firmò l’accordo sul blocco della scala mobile e sulla concertazione, ritenendo di non aver ricevuto il mandato, contemporaneamente diede le dimissioni. Un modo per lasciare libero di decidere il gruppo dirigente. Lo stesso è avvenuto il 10 gennaio. Ma Camus-so ha scelto di fare esattamente il contrario: si è rivolta agli organismi statutari per sanzionare il dissenso”.