Sirigu, uno che para solo a sinistra. Franco Ordine, Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Giugno 2014 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo del Giornale

L’articolo del Giornale

ROMA – “E adesso – scrive Franco Ordine sul Giornale – cosa racconte­rà Maurizio Zampari­ni, presidente del Pa­lermo, e celebre fustigatore dei costumi del calcio italia­no oltre che autore di perfidi giudizi tecni­ci?”

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Per Salva­tore Sirigu, 27 anni, na­tal­i in Sarde­gna nella ter­ra di mezzo tra Barbagia e Costa Sme­ralda, portie­re del Palermo ceduto al Psg, ne diffuse uno, non pro­prio raffinato, che sembrava più una scudisciata sulla car­ne nuda: «Per farlo uscire dalla porta, bisogna pren­derlo a calci in culo! ».

Totò Si­rigu incassò senza replica­re. E non solo perché da sar­do fatto e finito, non ha mai amato parlare molto, fare polemica e rintuzzare qual­che critica. Appena le sue im­prese parigine divennero spine nel fianco del presi­dente, Zamparini con sprez­zo del ridicolo, osò spingersi anche oltre. «Quando Leo­nardo mi ha telefonato per chiedermi di Sirigu ho stap­pato lo champagne». Non era vero e mal gliene incol­se. Di sicuro, lo champagne hanno cominciato a stapparlo a ca­sa-Sirigu dopo il battesimo mon­diale con gli inglesi, superato a pieni voti, ricevuta la benedizio­ne di Buffon, appena uscito di scena con una rovinosa distor­sione alla caviglia. Parare, in ef­fetti, non è mai stata l’autentica vocazione del giovanotto che proprio a Palermo scelse il nu­mero 46 sulla maglia per la pas­sione nei confronti di Valentino Rossi.

Da bimbo voleva fare il centravanti e divertirsi con qual­che gol, un volgare attacco d’asma consigliò genitori e tec­nici a cambiargli ruolo: meglio in porta dove non deve correre tutto il tempo. E così Totò Sirigu si è ritrovato portiere, rispettando la trafila classica, settore giovanile, pri­mavera e poi l’approdo a Paler­mo dove l’incontro con Walter Zenga, uno che di portiere se ne intende di sicuro, risultò la svol­ta professionale. Appena sbar­cato a Palermo, Walterone ta­gliò il nodo con un colpo netto: in panchina Rubinho, un brasi­liano dalle mani d’argilla, pro­mosso in porta Sirigu, quello che «per farlo uscire bisogna prenderlo a calci in culo», sfi­dando l’ira di Zamparini che poi fece cassa cedendolo in Francia. Sirigu ha il dono dei sar­di: svelto di pensiero, poco incli­ne alla polemica. Mai una repli­ca, mai una risposta nemmeno ironica dinanzi a quei giudizi ta­glienti come lame di rasoio. Si concentrò sul suo lavoro, prov­vide a migliorare il tempo delle uscite concedendosi qualche li­cenza solo nelle amicizie fem­minili per le quali i complimen­ti sono d’obbligo.

A Parigi l’han­no visto vincere al fianco di An­celotti e Ibra, ripetersi con Blanc e accompagnarsi a un’at­trice di bellissimo aspetto senza destare scandalo. L’esordio a Manaus gli è finito addosso co­me un secchio di ghiaccio e lui, raccontano le cronache di Man­garatiba, non ha fatto una pie­ga. Ha raccolto i guanti, scalda­to i muscoli e raggiunto l’arena amazzonica dove ha risposto colpo su colpo alle punture in­glesi. È vero: ha fallito un paio di uscite, altre le ha realizzate alla perfezione, secondo il manuale perfezionato in Francia. Ha pa­rato soprattutto, ha parato bene ripetutamente, sempre a sini­stra, il suo lato preferito. Può sembrare una battuta ed è inve­ce una caratteristica tecnica. Da quella parte ha parato e re­spinto, una, due, tre volte fino al punto da far passare inosserva­ta l’assenza del numero uno e ca­pitano, Gigi Buffon. A destra ha tradito qualche incertezza in più, salvato da un paio di sfondo­ni degli inglesi. Speriamo non se ne accorga Renzi.