Starace (Enel): “Messico e America le nuove frontiere”

Francesco Starace
Francesco Starace

ROMA – “Per il gruppo Enel il Nord America e il Messico possono rappresentare mercati in cui affiancare sviluppo di generazione tradizionale alle esistenti attività nel settore delle rinnovabili” dice da Cernobbio Francesco Starace che delinea le strategie dell’Enel, di cui è amministratore delegato dal 23 maggio scorso, verso nuovi mercati.

“Stiamo studiando i quadri regolatori e i market model di questi importantissimi paesi e anche di altri per valutare l’avvio di investimenti nel settore termico e della distribuzione, in cui Enel ora ha esperienza universalmente apprezzata”.

L’intervista al Messaggero:

Starace, perché avete scelto di cambiare approccio proprio nei paesi americani?

«In Italia abbiamo sviluppato competenze uniche sia nel campo della digitalizzazione delle reti sia in quello della gestione delle flotte di cicli combinati, cioè le centrali a gas. Questo ci pone in una situazione di possibile vantaggio competitivo per entrare con una certa aspettativa di successo nei business di Messico e Nord America. La digitalizzazione, in particolare, è fondamentale per lo sviluppo delle smart grids, cioè le reti di distribuzione intelligenti che consentono di integrare al meglio nel sistema le fonti rinnovabili intermittenti e la generazione distribuita».

È compatibile un piano di investimenti aggiuntivo con gli attuali 43 miliardi di debito netto in carico al gruppo?

«È compatibile. Del resto, ci siamo dati un target di riduzione del debito a 37 miliardi entro fine anno e per investire in quei paesi possiamo utilizzare i flussi di cassa generati dalle attuali attività. Non ci sono problemi».

Si è scritto che raggiungerete l’obiettivo di riduzione del debito con la vendita di Slovenske Elektrarne, delle attività di distribuzione in Romania e con l’opv sul 17% di Endesa. Non è un po’ troppo rispetto all’obiettivo di riduzione a 37 miliardi che vi siete dati?

«Premetto che le decisioni in merito a Endesa verranno assunte nell’arco dei prossimi 30 giorni e tutte le soluzioni sono aperte. Abbiamo predisposto un piano di cessioni molto più ampio delle nostre effettive esigenze per avere più alternative tra cui scegliere. Le procedure di vendita degli asset sono in corso, confidiamo di poterle concludere con successo entro fine anno».

Quanto pensate di incassare da Slovacchia e Romania?

«Non posso dirlo ora, sarà senz’altro un contributo importante per raggiungere i target che abbiamo annunciato al mercato».

E per quanto riguarda lo spin off degli asset latino americani di Endesa, a che punto siete?

«La macchina sta viaggiando a pieno regime, entro l’autunno confidiamo di completare l’operazione con le deliberazioni di Endesa e delle autorità competenti. Semplificheremo la catena di controllo nel gruppo, mettendo a fuoco le necessità manageriali e di approccio ai mercati, rispettivamente latino americano e iberico che presentano tratti molto diversi tra loro. Continueremo a dedicare risorse per la crescita in Italia e nei nostri mercati di riferimento: nell’America Latina e in Nord America e ora anche in Africa. In quest’ultimo continente abbiamo appena partecipato a una nuova gara in Sud Africa e verso fine anno presenteremo un’offerta in Marocco per 850 megawatt di eolico, in una delle più grandi procedure competitive oggi in corso».

Tornando a Endesa, quale sarà il nuovo perimetro?

«Endesa è una grande realtà in grado di cogliere al meglio le prospettive di recupero dell’economia spagnola. Sono convinto che gli investitori troveranno estremamente attrattiva una società focalizzata sul mercato nazionale in grado di offrire dividendi stabili e interessanti. In pratica focalizzata su business regolati». Enel ha in animo di continuare a investire in Italia? «Certamente. Il mercato elettrico italiano è molto avanzato e può sfruttare questa caratteristica per diventare un grande laboratorio dell’innovazione tecnologica. Un elemento che di sicuro comporta investimenti impegnativi, ma che mette in condizioni Enel e la filiera italiana di esportare questa best practice nei mercati ad alta crescita verso cui ci stiamo orientando».

In tutto questo muoversi, è un bene che il governo Renzi abbia frenato il preannunciato collocamento in Borsa del 5% del capitale di Enel?

«Si tratta di scelte che spettano all’azionista. L’Enel è in codizioni di poter tranquillamente sopportare una ulteriore diluizione della partecipazione pubblica, ma in una fase in cui stiamo lavorando a profondi cambiamenti dell’organizzazione, la decisione di rallentare i tempi del collocamento può ridurre la complessità del nostro compito».

In termini organizzativi lei ha rivoluzionato il gruppo rispetto al suo predecessore Fulvio Conti. Quali i vantaggi che si attende dai cambiamenti?

«Un’azienda come la nostra deve poter valorizzare al meglio il suo patrimonio: la vocazione industriale e i suoi clienti. Per fare questo stiamo realizzando il progetto che mette a disposizione dell’intero gruppo tutte le conoscenze e le esperienze tecnologiche mentre lascia ai singoli paesi la grande responsabilità del contatto diretto con il cliente finale. C’è quindi una matrice in cui ci sono funzioni accentrate globali come la generazione, la distribuzione, il trading, la produzione di rinnovabili e l’upstream gas, a supporto di quattro hub geografici: Italia, Spagna, America Latina oltre a Eastern Europe and Rest of the World».

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