Tagli spesa pubblica: Governo Letta, come Berlusconi, Prodi, Monti, fallirà

Pubblicato il 30 Giugno 2013 - 05:05 OLTRE 6 MESI FA
Tagli spesa pubblica: Governo Letta, come Berlusconi, Prodi, Monti, fallirà

Fabrizio Saccomanni, ission impossible

Ci sono poche speranze di successo per i bellicosi piani di tagli alla spesa pubblica annunciati da Fabrizio Saccomanni, ministro dell’Economia.

Dove sono falliti i Governi Berlusconi,

“che avevano promesso sfracelli”,

dove nemmeno

“i Governi di centrosinistra sono mai riusciti a venirne a capo. E ha combinato ben poco anche il Governo Monti che, per lo meno, avrebbe potuto sfruttare la pressione generata dall’emergenza finanziaria, dall’attacco speculativo dei mercati”,

non ci sono ragioni perché ci riesca il governo Letta.

La tesi, ampiamente condivisibile da chiunque esamini la situazione italiana con un pizzico di spirito critico, è sostenuta da Angelo Panebianco sul Corriere della Sera:

“Il Governo delle larghe intese appare al momento incapace di aggredire, con la forza necessaria, gli ostacoli che impediscono la ripresa economica, sembra impossibilitato a bloccare la discesa dell’Italia lungo la china della recessione e dell’impoverimento. I provvedimenti fino ad ora presi sono per lo più buoni ma insufficienti. Non certo per carenze personali del presidente del Consiglio o dei principali ministri ma perché i vincoli che incombono sull’azione del governo sono stringenti e soffocanti. E la tecnica del rinvio, dall’ Iva all’ Imu, non risolve alcun problema”.

Solo da una drastica riduzione della spesa pubblica, sostiene Angelo Panebianco dicendo l’ovvio, ma è un ovvio impossibile,

“potrebbero venire le risorse necessarie per abbassare la pressione fiscale, rilanciando consumi e investimenti”.

Invece tutto si è perso nelle nebbie, di privatizzazioni, dismissioni del patrimonio pubblico, spending review, introduzione di prezzi standard nel servizio sanitario, non si parla più.

“Il Governo non solo è impossibilitato a fare tutto ciò che occorrerebbe per rilanciare la crescita ma non riesce nemmeno a scongiurare definitivamente ulteriori aumenti delle tasse”.

Le cause di questo sono:

1. “La capacità di resistenza e di veto di tutti gli interessi abbarbicati intorno alla spesa pubblica, nazionale e locale. A cominciare dall’interesse alla opacità del proprio agire dei vertici dell’Amministrazione. Scandalizzarsi per ciò che ha detto Renato Brunetta sul ministero dell’Economia fa sorridere. Si è sempre saputo che non ci sono mai state trasparenza e chiarezza in materia di conti dello Stato. E perché dovrebbero esserci? Chiarezza, trasparenza, semplificazione amministrativa, eccetera, sono tutte cose incompatibili con la discrezionalità e l’arbitrarietà a cui l’Amministrazione è abituata. E la loro assenza crea ostacoli quasi insormontabili che bloccano la possibilità di azioni efficaci di riduzione e razionalizzazione della spesa”.

2. Quello italiano  è un sistema “costruito per premiare l’immobilismo, non l’azione”.”L’esecutivo non può contare, per vincere le resistenze corporative, sulla coesione delle forze parlamentari che formalmente lo sostengono”.

3. “Lo stato di marasma in cui si trovano, per ragioni diverse, i due principali partiti che sostengono il governo. Se il Pdl risente degli effetti delle condanne di Berlusconi e dei crescenti mal di pancia del suo elettorato, il Pd non sta affatto meglio. Le sorde lotte senza quartiere che si combattono al suo interno fra sostenitori convinti e sostenitori tiepidi del Governo Letta e fra amici e nemici di Matteo Renzi, si ripercuotono continuamente sull’ azione dell’esecutivo”.