Taglio Imu, Assad, calciomercato: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Settembre 2013 - 09:43 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – «Subito meno tasse sul lavoro». Il Corriere della Sera: “Un documento congiunto per la crescita è stato firmato ieri a Genova da Confindustria e sindacati con l’obiettivo di dare un contributo di idee a Palazzo Chigi. «Meno tasse sul lavoro». Il premier Letta: una buona notizia. Intanto sale il fabbisogno. Tagli dal Fisco alle ferrovie per coprire il decreto Imu. Fiat: ora una legge o lasciamo l’Italia.”

«Mai più guerra». Il tweet di Papa Francesco. L’articolo a firma di Gian Guido Vecchi:

” «Il conflitto in Siria contiene tutti gli ingredienti per esplodere in una guerra di dimensioni mondiali». Le parole del vescovo Mario Toso, segretario del pontificio Consiglio «Giustizia e Pace», fanno subito il giro del mondo. All’indomani dell’Angelus di Francesco, «Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!», la preoccupazione della Santa Sede per i possibili «drammatici sviluppi» in Siria è chiara come la volontà di dispiegare ogni strumento a sua disposizione perché prevalgano «il dialogo e il negoziato». La giornata planetaria di «preghiera e digiuno» per la pace che il Papa ha indetto per sabato prossimo, invitando a «unirsi» tutte le religioni e anche i non credenti, è solo l’inizio. Quella di monsignor Toso, del resto, non è una battuta estemporanea ma una lunga intervista che ieri mattina la Radio Vaticana ha trasmesso e pubblicato con tutta evidenza ( titolo: «No all’attacco in Siria, rischio guerra di dimensioni mondiali») sul sito in trentotto lingue: «Come ha fatto intendere Papa Francesco occorre essere angosciati per i drammatici sviluppi che si prospettano, alla luce di come si stanno muovendo i grandi della terra. La via di soluzione dei problemi della Siria non può essere quella dell’intervento armato. La situazione di violenza non ne verrebbe diminuita. C’è, anzi, il rischio che deflagri e si estenda ad altri Paesi». Nel frattempo il profilo Twitter di Francesco rimanda in nove lingue ad altrettanti milioni di persone tre messaggi con le frasi dell’Angelus, «Mai più la guerra! mai più la guerra!», «Vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace», «Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi». Di lì a poco il Papa incontra il presidente del World Jewish Congress, Ronald Lauder e ripete: «I leader mondiali devono fare tutto per evitare la guerra». Lo dice anche il nunzio a Damasco, l’arcivescovo Mario Zenari: «L’appello del Papa scuote le coscienze di tutti, specie di chi ha in mano i destini del mondo in questo momento». I destini del mondo. Il giudizio «di Dio e della storia» evocato da Francesco. La preoccupazione è diffusa. Padre Victor Assouad, superiore dei gesuiti in Medio Oriente, dice al mensile della Compagnia di Gesù, Popoli : «E’ solo per la via della tolleranza, del negoziato e del dialogo che arriveremo a disinnescare un conflitto che arriva a minacciare l’intero pianeta».”

La minaccia di Assad all’America «Se intervenite sarà l’inferno». L’articolo a firma di Guido Olimpio:

“In attesa delle decisioni del Congresso americano sulla Siria, la diplomazia è in pieno movimento. A sorpresa, fonti diplomatiche, hanno annunciato una riunione per l’8 settembre a Roma degli «amici della Siria», sigla che raccoglie Paesi arabi e occidentali schierati a sostegno dell’opposizione. L’incontro a livello di ministri degli Esteri, si è detto, rappresentava una delle consultazioni periodiche. Ma la notizia ha retto solo qualche ora. La Farnesina ha negato che fosse in programma. È questa la spiegazione? O il nostro governo ha ritenuto opportuno evitarla per non accompagnare il probabile voto del Congresso Usa previsto attorno al 9? Nell’attuale fase l’Italia ha ribadito il suo no a iniziative militari che si svolgano al di fuori del mandato Onu e probabilmente ospitare gli «amici della Siria» poteva essere interpretato come un coinvolgimento diretto in una crisi che allarma. I toni, del resto, continuano ad essere piuttosto alti. Il presidente Bashar Assad ha rilasciato un’intervista al quotidiano francese Le Figaro per lanciare tre messaggi: 1) «In caso di intervento militare c’è il rischio di una guerra regionale. Tutti perdono il controllo» (Un allusione ad azioni terroristiche e rappresaglie di altri attori, ndr ) 2) «Chiunque rafforzi i terroristi sarà considerato un nemico della Siria e ci saranno conseguenze» 3) È «illogico» sostenere che l’esercito siriano abbia fatto uso di gas.”

Patto di Genova tra imprese e sindacati. Quattro punti per aiutare la crescita. L’articolo a firma di Rita Querzé:

“Confindustria e sindacato confederale hanno siglato ieri un documento comune. Un’agenda per uscire dalla crisi. Obiettivo: condizionare Palazzo Chigi e orientare, in particolare, le misure della legge di Stabilità. Il documento contiene richieste precise in materia di Fisco, politica industriale, efficienza della spesa pubblica. Alla base dell’iniziativa, una convinzione condivisa dalle parti sociali: «La stabilità dell’esecutivo è una condizione necessaria ma non sufficiente, è indispensabile che l’azione di governo tenga la bussola orientata verso il Nord di una ripresa economica accompagnata da nuova occupazione». A stretto giro il presidente del Consiglio ha manifestato il suo favore all’accordo siglato ieri pomeriggio all’hotel NH di Genova e presentato alla festa dell’Unità del capoluogo ligure con le firme ancora fresche d’inchiostro. «Confindustria e sindacati fanno passi avanti per una maggiore politica attiva sui temi del lavoro, dell’economia e delle politiche industriali? A me pare una buona notizia», ha commentato Enrico Letta dalla Slovenia. «Ora ci aspettiamo una convocazione ufficiale», ha rilanciato a margine dell’incontro il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Proprio il leader di viale dell’Astronomia molto si è speso per un «patto tra produttori» per uscire dalla crisi. Un’idea lanciata già lo scorso aprile durante le assise della piccola impresa a Torino. Ieri la presentazione del primo frutto concreto di questa politica è arrivata insieme con la richiesta, da parte di Fiat, di nuove regole sulla rappresentanza sindacale. Un punto che non è contenuto nell’«agenda per la ripresa» di Confindustria a sindacati. «Noi abbiamo già firmato un accordo sulla rappresentanza (nel maggio scorso, ndr) — ha ricordato Squinzi —. Si tratta di una buona base di partenza. L’Italia non può certo fare a meno dell’industria automobilistica. Ora serve un tavolo che affronti il problema».”

Assad sfida Usa e Francia “Accuse assurde, senza prove”. La Stampa: “Intervista al leader siriano. Il Vaticano: si rischia la guerra mondiale.”

Fiat: una legge sul sindacato o non investiremo in Italia. L’articolo a firma di Marina Cassi:

“La vera notizia arriva al fondo del comunicato con cui, a metà giornata, la Fiat annuncia che accetterà la nomina di delegati Fiom nelle sue fabbriche: il gruppo continuerà ad investire Italia solo se arriverà finalmente una legge sulla rappresentanza che garantisca un sistema di regole certe. Il comunicato lo dice con parole pacate: «Come peraltro suggerito anche dalla Corte Costituzionale, un intervento legislativo è ineludibile: la certezza del diritto in una materia così delicata come quella della rappresentanza sindacale e dell’esigibilità dei contratti è una condicio sine qua non per la continuità stessa dell’impegno industriale di Fiat in Italia». Ma la sostanza è molto pesante anche perchè in alcuni stabilimenti – e in particolare a Mirafiori – la cassa integrazione scadrà a breve, a fine mese. E si sa che potrà essere rinnovata solo con impegni a investire. La sentenza della Consulta Il nodo sta in quelle quattro parole latine. Il 3 luglio la Corte aveva dichiarato illegittima quella parte dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori che riservava il diritto a nominare rappresentanti solo ai sindacati firmatari di contratto. E la Fiom non ha sottoscritto il contratto di gruppo. Ma la pronuncia della Corte non ha risolto di per sè – nè poteva – il problema della rappresentanza. Per questo i giudici hanno sollecitato una legge. Lo stesso aveva fatto la Fiat e pure la Fiom. Ma finora dalla politica non è arrivata alcuna risposta. Ieri l’azienda ha deciso di tagliare la testa al toro. Poteva aspettare che uno dei Tribunali – tre in Italia – che aveva rinviato alla Corte la decisione di costituzionalità sull’articolo 19 si pronunciasse. Ma ha scelto diversamente.”

Renzi incassa l’appoggio di Franceschini. L’articolo a firma di Carlo Bertini:

“Quando lo hanno informato, Matteo Renzi non ha battuto ciglio, segno che già era al corrente della notizia che scompagina del tutto i precari equilibri del Pd: a sole 24 ore dall’annuncio del sindaco di correre per la segreteria, Dario Franceschini, pezzo forte dell’ala filogovernativa, dal palco della festa di Genova si dice «pronto a votare Matteo se lavorerà per unire e non per dividere il partito». Un annuncio preceduto da un lungo travaglio della corrente che fa capo a Franceschini, AreaDem, che passa ora armi e bagagli con il rottamatore, «perché non avrebbe senso immaginare un’altra candidatura e per noi è difficile stare con Cuperlo», dice uno dei fedelissimi del ministro. Il quale, vista la sua vicinanza col premier, si guarda bene dallo schierarsi in anticipo per un’eventuale sfida per la premiership futura. Anzi, prefigura una sorta di possibile ticket, «quando una squadra ha più talenti li si usano tutti e mi arrabbiavo con Valcareggi quando faceva entrare Rivera nel secondo tempo e faceva uscire Mazzola». Di certo da oggi l’asse Bersani-Franceschini, che in teoria ha ancora i numeri in assemblea, si spezza e per questo dai bersaniani si raccolgono solo commenti sprezzanti, «ha fatto come nel suo stile, è saltato al volo sul carro del vincitore». Così come basta fare un giro di telefonate per raccogliere i primi sfoghi di dalemiani sparsi sul territorio, che non ci stanno «a morire democristiani» e che si preparano ad una sorta di «resistenza armata dentro il partito, anche se, stando così le cose, arrivare ad una minoranza del 30% sembra impresa ardua».. Lo dice in chiaro Fioroni quello che tutti pensano e cioè che «con Renzi che rappresenta l’80% di consensi e altri 5 o 6 candidati che insieme faticano a dividersi il 20%, bisogna prendere atto che c’è un solo candidato al congresso». Ergo, anche Fioroni, uno dei più assidui pungolatori anti-Renzi, è pronto a unirsi alla cordata, mettendo le mani avanti, «se però dovessi votare alle primarie per la premiership voterei Letta».”

“Con l’intervento sull’Imu ora il Fisco è meno equo”. L’articolo a firma di Alessandro Barbera e Guido Montani:

Senatore Monti, teme per la sopravvivenza del governo durante il voto sulla decadenza di Berlusconi? «Sarà un passaggio difficile. Ma non darei per scontato che ad una decisione sfavorevole a Berlusconi, largamente attesa, conseguirebbe inevitabilmente il ritiro del Pdl dalla maggioranza di governo».

Se ciò accadesse lei sarebbe favorevole a nuove elezioni o a cercare un’altra maggioranza?«Prima ancora che questa alternativa si ponga, mi chiederei se davvero il Pdl vorrà assumersi una tale responsabilità di fronte al Paese. E quanti nel Pdl seguirebbero una siffatta posizione. Certo, il fatto che il governo abbia ceduto sul diktat dell’Imu avrà probabilmente rafforzato gli istinti di quanti nel Pdl penseranno: “Trasformiamo subito questo trionfo in nuovi voti”. Ma penso che in altri esponenti del Pdl prevarrà il senso di responsabilità».

Il decreto che ha abolito l’Imu non le è proprio andato giù. «Non ho bisogno di pronunciarmi io. Sul piano politico, Matteo Renzi ha detto: “Berlusconi ha fatto una sola promessa elettorale, noi gliel’abbiamo realizzata”. Sul piano economico, come si legge nel documento del ministero dell’Economia, la misura adottata rende il sistema fiscale meno equo e meno progressivo. Del resto, tra i Paesi che tassano le proprietà immobiliari, ve ne sono soltanto quattro che esentano la prima casa: Congo, Mongolia, Niger e Yemen. Che l’Italia raggiungesse questo drappello di punta nella “sacralità della casa” era forse meno urgente di quanto non sia per i prodotti italiani acquisire una migliore competitività e per i giovani italiani avere qualche possibilità di lavoro in più. E questo, si sa, avrebbe richiesto di spostare la tassazione dai redditi verso i patrimoni, alleggerendo in primo luogo il carico sui redditi di lavoro e sul profitto d’impresa. Scelta Civica aveva proposto al Governo di intervenire sull’Imu per 2,5 miliardi togliendo così l’imposta al 70% delle famiglie (non solo per la prima rata, ma anche per la seconda) e di lavorare al miliardo di coperture per scongiurare l’aumento dell’Iva».”

Gilardino resta al Genoa, la Juve non cambia. La Roma non riesce a cedere Borriello, salta il giro delle punte: Quagliarella rimane con Conte. L’articolo a firma di Massimiliano Nerozzi:

“Per un (bel) pugno di euro, Quagliarella alla Roma, Borriello al Genoa, Gilardino alla Juve è rimasta un’idea, svanita ieri, ultimo giorno di mercato: i quattrini, troppi, li avrebbe dovuti sborsare la Roma, che avrebbe avuto a carico mezzo stipendio di Borriello, pur in prestito al Genoa, e l’intera busta paga di Quagliarella. È bastato questo conto, a metà pomeriggio, per far alzare dal tavolo i dirigenti giallorossi e far saltare il domino di attaccanti. La Juve resta dunque com’era entrata nelle ultime 24 ore di contrattazione, senza dannarsi l’anima: Quagliarella, da terzo o quarto pistolero, resta un gran lusso. Semmai potrebbe rimanere deluso lui, anche se da oggi fioccheranno smentite di qualsiasi trattativa, fino allo stop della vendita chiesto al telefono da Antonio Conte, ricostruzione filtrata da casa Juve: qualche giorno fa era stato l’attaccante bianconero a chiedere al club di essere ceduto, proprio per avere più minuti in campo. Gli toccherà invece una concorrenza resa ancor più feroce dall’arrivo di Tevez e Llorente.”