ROMA – Il tartufo bianco invoca l’aiuto dell’Europa contro i “paradossi” del fisco italiano. Si sente discriminato perché l’Erario lo trova diverso dagli altri funghi. In effetti lo è per prestigio, e anche per il fatto di abitare sotto terra e non spuntare come porcini e simili. Ma per il resto non c’è differenza, secondo l’Unione che, alla stregua dei funghi, lo considera un “prodotto alimentare”.
L’Italia no. Lo definisce “prodotto di lusso” e gli carica un’iva non detraibile del 22%, contro il 4-5% applicato nel resto del continente. Risultato: impossibilità di accedere ai fondi Ue per lo sviluppo rurale dei territori e perdita di concorrenza sul mercato continentale.
Scrive Marco Zatterin su La Stampa:
Fra i produttori c’è chi pensa ad un ricorso alla Corte di Giustizia, ma il sindaco di Alba, Maurizio Marello, assicura di voler «tentare prima la via politica». Insieme col presidente della Fiera del Tartufo, Antonio Degiacomi, il direttore dell’apposito Centro Studi, Mauro Carbone, ha guidato una delegazione langarola a Bruxelles, per annunciare una petizione e attirare l’attenzione l’Ue su questo caso. L’obiettivo è chiaro: cercare una sponda e fare pressione sul legislatore nostrano.
L’Ue predica l’armonizzazione delle aliquote e la giusta concorrenza sui mercati. In tale contesto, assicura l’eurodeputato torinese Alberto Cirio (Fi), «per Bruxelles e i concorrenti francesi o sloveni il tartufo è un prodotto agricolo con l’imposta cinque volte minore». La natura di bene di lusso non deducibile fa si che alla fine l’imposta pesi il 44%, dunque «quasi metà tartufo sfuma in tasse» (…)