Tasi, aumenti certi per le seconde case. Luca Cifoni, Il Messaggero

Tasi, aumenti certi per le seconde case. Luca Cifoni, Il Messaggero
Tasi, aumenti certi per le seconde case. Luca Cifoni, Il Messaggero

ROMA – “Tasi, aumenti certi per le seconde case, a rischio quelle di basso valore” è il titolo dell’articolo di Luca Cifoni sul Messaggero:

Incrementi di imposta quasi certi per le seconde case e gli altri immobili in genere, risparmi anche sostanziosi per le abitazione principali di valore catastale medio e alto, teorica clausola di garanzia per quelli di valore basso. E un quadro legislativo ancora una volta complicato da applicare. Per la Tasi, la tassa sui servizi indivisibili, è questo lo scenario che si prospetta con il decreto approvato venerdì dal governo, dopo il quale l’assetto del nuovo tributo dovrebbe risultare finalmente completato. Ma non è improbabile che ulteriori aggiustamenti o precisazioni possano arrivare durante l’iter parlamentare del provvedimento. La prima scadenza di pagamento è fissata con tutta probabilità al 16 giugno, anche se i Comuni hanno la possibilità di fare scelte diverse.
GLI ENTI LOCALI
E proprio dalle decisioni che saranno prese a livello locale dipenderà il conteggio della convenienza per il singolo contribuente. Per quanto riguarda le abitazioni principali, si può dire fin d’ora che la maggior parte di esse pagheranno almeno nel 2014 un’imposta più bassa rispetto all’Imu versata due anni prima, anche se l’aliquota dovesse essere portata al livello massimo del 3,3 per mille (2,5 più tutto il margine aggiuntivo). I Comuni che faranno scattare l’ulteriore aumento dello 0,8 per mille, comunque distribuito tra le due tipologie di immobili, saranno però obbligati a prevedere «detrazioni d’imposta o altre misure» che rendano il carico fiscale della Tasi non maggiore di quello dell’Imu. Nelle intenzioni dell’esecutivo questa dovrebbe essere una sorta di clausola di garanzia nei confronti di quei proprietari di casa con il precedente regime non versavano l’imposta municipale o comunque versavano importi molto bassi.
REBUS DA SCIOGLIERE
Il punto è che l’applicazione concreta di questo principio non sarà facile. Nelle trattative tra ministero dell’Economia e Anci era stato ipotizzato un importo medio della detrazione pari a 75 euro: ma questa somma non salverebbe da un aggravio, seppur limitato, le case catastale molto contenuto, con rendita al di sotto dei 400 euro. Per assicurare una tutela piena le amministrazioni comunali dovrebbero forse prevedere detrazioni di importo decrescente al crescere della rendita, ma un meccanismo del genere è tutt’altro che immediato e presenterebbe difficoltà anche per i contribuenti.
È invece molto probabile che molti sindaci sceglieranno di applicare il possibile ulteriore aumento prevalentemente o completamente sugli immobili diversi dall’abitazione principale. In questo caso si continuerà a pagare anche l’Imu ma il tetto per le due imposte (l’aliquota base della Tasi è l’1 per mille) sarà dato dal precedente massimale sull’Imu, quindi 10,6 per mille più l’eventuale 0,8 per mille. In questo caso, ad esempio su una seconda casa con rendita catastale di 1.600 euro, l’aggravio sarebbe di oltre 200, nell’ipotesi che il Comune avesse già lo scorso anno esaurito lo spazio di imposizione sull’Imu. Va ricordato poi che su queste abitazioni dovrà essere pagata anche l’Irpef (sebbene al 50 per cento) che in precedenza era assorbita nell’Imu.
Il testo del decreto contiene poi altri ritocchi: ad esempio salta l’esenzione per le aree scoperte e quelle comuni condominiali come cortili giardini e parcheggi, che dunque saranno soggette a Tasi a meno che la relativa rendita fosse già inclusa in quella degli immobili.

Per le imprese stangata da un miliardo sui capannoni aumento di 650 milioni.

La stangata prossima ventura si chiama Tasi, acronimo che sta per Tassa sui Servizi Indivisibili. Una delle tante sigle che affollano la giungla fiscale e che si annunciano come l’ennesimo colpo sul conti delle aziende, già in difficoltà a causa della crisi congiunturale e per la stretta creditizia che non accenna a fermarsi. L’arrivo della nuova tassa, o meglio la sua definitiva messa a punto da parte del governo, potrebbe costare alle imprese almeno un miliardo, addirittura due miliardi, se solo alla Tasi dovesse essere aggiunta la quota massima Imu sulle abitazioni diverse da quella principale e sugli immobili strumentali. Dati e cifre frutto della simulazione elaborata dall’ufficio studi della Cgia di Mestre.
I CONTI

Secondo la confederazione veneta dell’artigianato, applicando l’aliquota base dell’uno per mille, solo sui capannoni, è previsto un aumento di quasi 650 milioni di euro di entrate fiscali. La tassa complessivamente dovrebbe costare alle imprese italiane un miliardo di euro. Importo che potrebbe risultare addirittura «sottostimato». Insomma, la definizione del nuovo quadro normativo, dopo mille polemiche e un dibattito durato oltre un anno, si è tradotta in una mazzata sul mondo produttivo di portata davvero notevole. Perché la stessa Cgia ha anche elaborato una seconda ipotesi, utilizzando l’aliquota del 2,07 per mille. Infatti, sulla base delle decisioni assunte dal Consiglio dei ministri che si è riunito venerdì, l’aliquota massima Imu più Tasi sulle abitazioni diverse da quella principale e sugli immobili strumentali potrà arrivare all’11,4 per mille. Se si tiene conto che l’aliquota Imu media applicata a livello nazionale nel 2012 (il dato 2013 non è ancora disponibile) sugli immobili destinati ad uso produttivo è stata del 9,33 per mille, si deduce che l’aliquota Tasi del 2,07 per mille costituisce la soglia massima applicabile agli immobili strumentali. Infatti corrisponde alla differenza tra l’11,4 e il 9,33 per mille.
IMPATTO DURO

«Ed è proprio in questa seconda simulazione – spiega il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – che l’aumento potrebbe superare addirittura i due miliardi di euro. E’ chiaro che ci troviamo di fronte ad un caso limite puramente teorico, tuttavia di una cosa siamo certi: il prelievo della Tasi su negozi, uffici e capannoni supererà il miliardo di euro». Bortolussi ricorda che sono moltissime le amministrazioni comunali che oggi versano in gravi difficoltà finanziarie e che inevitabilmente la situazione costringerà molti sindaci ad applicare un’aliquota sugli immobili strumentali ben superiore a quella base. E, di conseguenza, il prelievo che graverà sulle oltre quattro milioni e quattrocentomila unità immobiliari ad uso produttivo, sarà sicuramente superiore al miliardo stimato inizialmente. Da qui la richiesta al governo di intervenire subito per modificare gli effetti della tassa. «Promettere la riduzione dell’Irap, il pagamento di tutti i debiti accumulati in questi anni dalla pubblica amministrazione e l’istituzione di un fondo di garanzia per agevolare l’accesso al credito delle Pmi va benissimo – sottolinea il segretario della Cgia – ma approvare nel primo Consiglio dei ministri un decreto che aggrava ulteriormente il carico fiscale sulle aziende, questo non va assolutamente bene».
Soprattutto adesso in un momento in cui cominciavano ad arrivare i primi segnali di ripresa, la nuova stangata fiscale potrebbe dare un colpo decisivo alle aziende.

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