Telecom-Telefonica; Kenya; squalifica Balotelli: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Settembre 2013 - 09:41 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Telecom, l’offerta spagnola. Il Corriere della Sera: “L’offerta di Telefonica per Telecom. C’è il via libera dei soci italiani. La compagnia spagnola, già presente nel capitale, sarà il primo azionista con il 22 per cento. Nella cassaforte Telco calerà la quota di Generali, Intesa e Mediobanca. Intanto, sul fronte Alitalia, c’è l’opzione di Air France che però chiede tempo.”

La prigionia dei numeri. L’editoriale a firma di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi:

“L’economia cresce meno di quanto il governo prevedesse solo pochi mesi fa, e i conti pubblici peggiorano. In aprile Monti stimava, per quest’anno, una caduta del reddito dell’1,3%: ora la stima è -1,7%. E così, come era facile intuire, per mantenere il deficit 2013 al di sotto del 3% si dovrà ricorrere a una manovra correttiva. Il presidente del Consiglio dà la colpa all’instabilità politica. Come se, senza di essa, miracolosamente l’economia si sarebbe ripresa. Magari fosse così semplice! Le ragioni per cui non riusciamo a superare la recessione sono ben più profonde. Non troviamo il coraggio di attuare le riforme di cui discutiamo invano da almeno un paio di decenni: lavoro, burocrazia, concorrenza e soprattutto una minore pressione fiscale. In tre anni essa è salita dal 46,1 al 48,9 per cento, mentre le spese delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi continuano a crescere: un punto in più del Prodotto interno lordo (Pil), in un triennio. Solo nel 2013 il Documento di economia e finanza (Def), pubblicato la scorsa settimana, stima che la spesa al netto degli interessi aumenterà di circa 10 miliardi, da 714 a 724 miliardi. Enrico Letta reagisce a questi dati proponendo la solita ricetta. Altre tasse e qualche artificio contabile come l’anticipo a novembre di alcune imposte dovute l’anno prossimo. E niente riforme. Quando si convincerà che è una ricetta che non funziona?”

Alitalia Air France, l’opzione dell’acquisto. Ma adesso chiede più garanzie. L’articolo a firma di Stefano Montefiori:

“Air France-Klm prende tempo. Nel giorno in cui il ministro dei Trasporti italiano Maurizio Lupi ha preso posizione spingendo per la soluzione franco-olandese alla crisi Alitalia — «Non ci sono preclusioni del governo a un passaggio di Air France-Klm dal 25% al 50%» —, il consiglio di amministrazione della compagnia riunito a Parigi fino a tarda sera non è riuscito ad arrivare a una decisione, bloccato dalla divisione al suo interno tra favorevoli e contrari a un aumento dell’impegno nella compagnia italiana. I più scettici sono gli olandesi di Klm, che preferirebbero investire risorse in mercati emergenti e non in una compagnia del Sud Europa appesantita da un miliardo di debiti, oltretutto in una fase che vede Air France-Klm già impegnata duramente a ridurre il debito proprio (è stato appena annunciato un nuovo piano di riduzione di 2800 posti di lavoro con partenze volontarie). E anche il presidente francese del gruppo, Alexandre de Juniac, è molto meno entusiasta di un avvicinamento ulteriore con Alitalia rispetto al predecessore Jean-Cyril Spinetta, che ha lasciato la compagnia il primo luglio scorso e che era stato il grande fautore della fusione.”

Telecom. Ecco l’offerta di Telefonica. Sarà il primo azionista. L’articolo a firma di Massimo Sideri:

“È stata una di quelle notti molto lunghe per Telecom Italia, passata a controllare alla luce delle lampade le virgole e i particolari dietro i quali si nasconde, come si dice, il demonio. L’oggetto del dossier notturno, che dovrebbe essere ufficializzato oggi all’alba e comunque prima dell’apertura delle Borse, è un’offerta di Telefonica, l’operatore già presente nel capitale, che valorizza le azioni di Telecom a 1,1 euro contro i 59 centesimi (+3,42%) che quotava ieri in chiusura di contrattazioni: la Telecom Italia del 2014, in soldoni, dovrebbe essere fatta da una somma di diverse «telecom» ma con una sottrazione di dosi di «Italia» (leggi un passaggio in mani straniere), anche se a tappe. La cassaforte Telco che detiene il 22,4% di Telecom è oggi controllata da Telefonica al 46,18%, Intesa Sanpaolo e Mediobanca all’11,62% ciascuna e Generali al 30,58%. Il valore dell’operazione non è ancora noto perché bisognerà calcolare il combinato disposto di diversi aumenti di capitale all’interno di Telco e della quota di debito di Telecom (circa 450 milioni) che gli spagnoli si accolleranno. Gli step prevedono un primo aumento per far salire gli spagnoli al 66% di Telco, seguito da una seconda ricapitalizzazione per passare al 70%. È prevista infine un’opzione call per il restante 30. Particolare importante: fino al gradino del 70% la governance dovrebbe rimanere in ogni caso italiana. Tutte e tre le società italiane hanno già manifestato l’interesse a uscire dall’avventura Telecom che non ha certo dato soddisfazioni finanziarie in questi ultimi anni. Non è un caso se ieri si è tenuto un consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, seguito in serata da un board di Generali con un relativo movimento di consiglieri anche presso la sede in Piazzetta Cuccia di Mediobanca (da Francesco Gaetano Caltagirone e Gabriele Galateri, rispettivamente vicepresidente e presidente di Generali al direttore generale di Intesa Gaetano Micciché). Tutti i board avrebbero comunque già dato via libera ieri all’operazione.”

Così ha visto l’alba la Merkel-Republik. La macchina di partito-Stato della Cdu. L’articolo a firma di Paolo Lepri:

“La Germania si è trasformata in una Merkel-Republik. Un cambiamento progressivo, sancito definitivamente dal clamoroso risultato delle elezioni, in cui la Cdu, che ha ottenuto domenica il 41,5 per cento dei voti, non ha svolto un ruolo determinante. Tutto, o quasi tutto, è opera della Cancelliera. Attorno alla popolarità del suo personaggio è stato costruito il trionfo. Questo successo ha cambiato, non solo numericamente, lo scenario politico del Paese. «È stata una campagna presidenziale e Angela Merkel si comporta e viene percepita quasi come un presidente», osserva Volker Perthes, direttore della Stiftung Wissenschaft und Politik, il più grande think-tank di politica estera in Europa. Certo, sarebbe sbagliato credere che i cristiano-democratici non abbiano i loro meriti nell’essere riusciti ad andare avanti di quasi dieci punti rispetto al 2009. La campagna elettorale è stata condotta senza errori, riducendo al minimo le polemiche interne, riuscendo ad intercettare, grazie anche all’uso del web e dei social network, quel pubblico giovanile che, come hanno indicato alcuni sondaggi, si è spostato più verso il centro dello schieramento politico. Ma ogni cosa è avvenuta all’ombra della donna più potente del mondo. La stessa battaglia contro il «secondo voto» ai liberali, che avevano chiesto sostegno agli elettori della Cdu per non restare fuori dal Parlamento, ha avuto parole d’ordine «personalizzate». Non si è mai parlato del rischio di disperdere i consensi, non si è fatto mai appello alla fedeltà degli elettori. Si è detto semplicemente: «Se volete Angela Merkel, votate per noi, che non abbiamo niente da regalare agli altri». Anche se in gioco era la stessa sopravvivenza degli alleati della maggioranza nero-gialla che si puntava a riproporre. “

Letta al Pdl: patto per il 2014. La Stampa: “Il premier: legge di Stabilità decisiva. E dopo il voto tedesco elogia le larghe intese Merkel dal trionfo alle trattative con i socialdemocratici per formare il governo.”

Un decreto per congelare l’Iva. L’articolo a firma di Roberto Giovannini:

“Premono i partiti della «strana maggioranza», premono sindacati e imprenditori. E il governo ha davvero pochi margini di manovra per cercare di evitare che sull’Iva o sullo sforamento del deficit crolli tutto il castello dell’Esecutivo guidato da Enrico Letta. Ieri, al coro di dichiarazioni e di richieste dei politici si sono uniti i leader delle parti sociali. E si fa strada la possibilità che in una riunione ad hoc del Consiglio dei ministri il governo decida di ricorrere allo strumento del decreto legge per risolvere alla bell’e meglio il garbuglio che si è creato in questi giorni. Il decreto legge di cui parlano i bene informati dovrebbe contenere sostanzialmente una manovra straordinaria per 3 miliardi di euro. La metà di questi soldi, ovvero 1,6 miliardi, servirà per tappare il buco nei conti pubblici già individuato nei giorni scorsi, e permettere di centrare l’obiettivo del 3% nel rapporto deficit/Pil. Circa 1 miliardo verrà usato per congelare fino alla fine dell’anno l’aumento dell’aliquota Iva dal 21 al 22 per cento. Con altri 4-500 milioni, invece, si potrà adempiere agli impegni presi dall’Italia in materia di missioni militari internazionali. Per trovare queste risorse – anche se i tecnici del ministero del Tesoro sono ancora al lavoro – si punta su un mix di tagli lineari su diverse voci della spesa pubblica (una pratica considerata «rozza», ma certo l’unica veloce ed efficace). Altra ipotesi, una operazione di maquillage dei conti pubblici: si «venderebbero» in cambio di un miliardo alla Cassa Depositi e Prestiti (che è formalmente fuori dal circuito della pubblica amministrazione, pur essendo una longa manus dello Stato) un pacchetto di immobili di proprietà pubblica. Intanto però le parti sociali fanno la voce grossa. Bisogna redistribuire il reddito e ridurre le tasse sul lavoro e sulle pensioni, dice il leader Cgil Susanna Camusso: se la legge di Stabilità non darà risposte in questo senso, «non si potrà che procedere con la mobilitazione unitaria».”

“Chiederò alla coalizione l’impegno per tutto il 2014”. L’articolo a firma di Paolo Mastrolilli:

“La legge di Stabilità sarà «ambiziosa», risponderà alle istanze sollevate ieri dalle parti sociali, ma soprattutto rappresenterà il banco di prova della maggioranza, affinché «tutti i partner si impegnino a sostenere il governo per tutto il 2014». La Germania dà l’esempio: se Angela Merkel, dopo la netta affermazione di domenica, sta considerando la grande coalizione con la Spd, chi in Italia non ha vinto alle urne «deve farsene una ragione». L’invito del presidente Napolitano alla politica perché eviti rotture non era ancora noto, ieri mattina, quando il premier Enrico Letta è sceso in sala stampa al Parlamento di Ottawa, per la conferenza congiunta con il collega canadese Harper a cui aveva presentato il programma Destinazione Italia per attrarre investimenti. Eppure i suoi commenti sono andati tutti in questa direzione, confermando la piena sintonia con il Quirinale. Il capo del governo è partito dalle elezioni tedesche: «Stamattina ho chiamato la cancelliera Merkel per farle le congratulazioni e invitarla in Italia. E’ necessario discutere cosa si può fare, anche in vista del nostro semestre di presidenza dell’Unione». Letta vede l’eventuale grande coalizione in Germania come un fatto positivo, ma anche come una lezione per Roma, dove questo modello è in continua fibrillazione: «Forse in Italia si capirà che quando le elezioni obbligano a formare una grande coalizione, bisogna farsene una ragione. Tutti vorrebbero vincere e governare da soli, ma se dalle urne si esce con la necessità di fare una colazione, per il bene del paese bisogna impegnarsi a renderla più utile e costruttiva possibile». L’appuntamento in cui dimostrare questa responsabilità è già fissato: «La legge di Stabilità che presenteremo a metà ottobre sarà un passaggio chiave, chiameremo i partner della colazione a prendere un impegno sul futuro. Vogliamo scrivere un testo ambizioso, e non si può fare senza l’impegno di tutti i partner per tutto il 2014. Sono convinto che supereremo gli ostacoli». Letta non dice che porrà la fiducia, perché spera di trovare prima un accordo.”

Berlusconi scalpita e pensa al blitz in tv contro i magistrati. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“A guastargli l’umore, un tempo avrebbe provveduto il trionfo della sua nemica Merkel. Ma ormai Berlusconi è considerato, sul piano internazionale, un intoccabile: nel senso che Frau Angela dopo la condanna difficilmente gli stringerebbe la mano, perlomeno davanti alle telecamere. Per cui il grande nervosismo che si raccoglie ad Arcore ha motivazioni del tutto estranee al grande proscenio della politica. Il Cavaliere risulta angosciatissimo dalle voci di provvedimenti restrittivi in arrivo, cioè di arresti cautelari che potrebbero essere disposti nei suoi confronti non appena sarà stato spogliato dello scudo di senatore. Parliamo dunque di metà ottobre o forse un poco più in là. Lui già vive con ansia il momento in cui la Procura milanese potrebbe contestargli il reato di subornazione dei testimoni, nel caso specifico delle «olgettine» chiamate a deporre nel processo «Ruby 2» che ha visto le condanne di Mora, di Fede e della Minetti. Chi frequenta il Palazzo di giustizia non è così convinto che la Procura potrebbe spingersi al punto da mettere Berlusconi sotto chiave, ma alle antenne di Silvio qualcosa è arrivato. Cosicché ieri ha visto i figli e gli avvocati in un consiglio di guerra. E oggi piomberà a Roma con intenzioni che mettono in grande allarme le «colombe» del suo partito, perché l’uomo vuole andare in tivù a sparare contro i magistrati. E siccome uno sfogo tira l’altro, nel salotto di Vespa l’ira potrebbe scaricarsi via etere contro il governo Letta, provocando la crisi…”

Dal Minnesota al Kenya, la jihad che viene dagli Usa. L’articolo a firma di Maurizio Molinari:

“Con le forze di sicurezza kenyote impegnate nell’assalto finale alle zone del Westgate Mall ancora in mano al commando Al-Shabaab, l’Fbi arriva in forze a Nairobi con l’obiettivo di smantellare la «legione americana» dei jihadisti somali. È il presidente americano, Barack Obama, che incontrando il collega nigeriano Goodluck Jonathan assicura: «Stiamo dando pieno sostegno al Kenya per sconfiggere il terrorismo». In concreto significa che da Nairobi, dove ha sede la maggiore stazione dell’intelligence in Africa, l’Fbi sta tentando di ricostruire identità, legami e finanziamenti degli americani parte del commando. Un portavoce jihadista, diffondendo la lista dei terroristi, vi include sei americani, come Ahmed Mohamed Isse, 22 anni, del Minnesota; Addifatah Osman Keynadiid, 24 anni di Minneapolis; Generale Mustaf Nuradin, 26 anni, di Kansas City. Ma per Pete King, presidente della commissione Homeland Security della Camera dei Rappresentanti, nelle fila degli Shabaab sarebbero entrati negli ultimi anni «almeno 50 americani di cui 20-30 sono ancora operativi». In gran parte vengono da Minneapolis, in Minnesota, perché è qui, nel quartiere di Cedar-Riverside che a metà degli Anni Novanta si è formata Little Somalia grazie all’arrivo dei rifugiati dalla guerra civile che vide anche l’America intervenire con l’operazione Restore Hope, portando in salvo poi molti civili con un ponte aereo umanitario. Fra Minneapolis e St Paul vivono oltre 80 mila somali, la più grande comunità del Nordamerica, che a Cedar-Riverside hanno sostituito i precedenti immigrati dell’Est europeo ma proprio qui nel 2009 l’Fbi rintracciò i primi legami con i jihadisti del Corno d’Africa. L’«Operazione Rhino» portò a individuare venti giovani somali-americani che dal 2007 avevano scelto di tornare nella terra da cui i genitori erano fuggiti con l’intento di battersi contro il governo locale e le forze dell’Unione Africana, al fine di instaurare un regime islamico.”

Milan in castigo. L’articolo a firma di Laura Bandinelli e Guglielmo Buccheri:

“L’unità di crisi del Milan da oggi è operativa ai massimi livelli. I postumi della sfida contro il Napoli hanno prodotto dei danni che rischiano di mandare in corto circuito rapporti personali ed equilibri di spogliatoio. In poche ore il Milan si è ritrovato a otto punti dalla vetta, con Mario Balotelli squalificato per tre giornate (salterà Bologna, Samp e Juve) e con una tifoseria accusata di «razzismo» e costretta a lasciare la curva vuota sabato prossimo. A Leandro Cantamessa, il legale rossonero, l’arduo compito di redigere entrambi i ricorsi, nella speranza di ottenere uno sconto che aiuterebbe anche sul piano dell’immagine. Il contenuto del comunicato del giudice sportivo Tosel non è stato un fulmine a ciel sereno, perché ciò che ha fatto Mario dopo il fischio finale della gara di domenica era ben noto a tutti. I giudici di gara hanno fatto riferimento a frasi ingiuriose e intimidatorie, perché l’attaccante dopo aver visto il secondo giallo ha perso completamente la testa togliendosi la maglia e cercando di raggiungere il direttore di gara. Dalla sua bocca sarebbero volate una serie di affermazioni poco gentili e minacce del tipo «te la farò pagare» che non potevano restare impunite.”