ROMA – Fingersi cristiani per avere il permesso di soggiorno e altri documenti. Questa l’iniziativa di una cellula talebana per finanziare la jihad. La rete terroristica aveva contatti con l’ambasciata pakistana e il ministero del Lavoro e ottenere un nulla osta costava 7mila euro.
Sara Menafra sul Messaggero scrive che l’inchiesta della Procura di Cagliari ha scoperto un giro di finti permessi di soggiorno:
“Un amico al ministero del Lavoro non ancora identificato, qualche agricoltore abruzzese disposto a fingere che i clandestini fossero in realtà lavoratori stagionali, contatti nel resto di Europa per favorire i passaggi di confine. E tante scuse, raccontate per chiedere e ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari anche a favore di chi tornava in Pakistan ad organizzare attentati terroristici”.
Dal 2009 ormai la tratta di permessi di soggiorno finanzia il terrorismo, spiega la Menafra, e spesso alcuni clandestini riescono ad ottenere anche lo status di rifugiato fingendo di essere cristiani perseguitati:
“E’ il caso di Alì Zulfiqar, cugino di Sultan Wali Khan, capo della cellula di Olbia e titolare di un bazar di vestiti. Proprio perché parente di un capo cellula, Zulfiqar riesce ad ottenere un trattamento di favore. Quando arriva nel centro di accoglienza di Lecce, contatta nuovamente il cugino che lo mette in contatto con un uomo dell’organizzazione in Puglia. E’quest’ultimo a consigliargli di farsi passare per un cristiano perseguitato dai musulmani: l’operazione riesce, nel 2011 Zulfiqar chiede e ottiene un permesso per motivi umanitari.
La stessa procedura consente di ottenere un permesso di soggiorno anche per Yahia Ben Ridi, arrivato in Italia per aiutare l’organizzazione proprio a gestire il trasferimento in Pakistan dei proventi del traffico di migranti (giunti in Italia ma decisi a spostarsi verso il resto d’Europa, soprattutto a nord). Yahia era a Peshawar il 28 ottobre 2009 quando un’auto bomba al mercato uccise 100 persone e forse si trovava a pochi metri di distanza proprio nel momento dell’esplosione assieme ad altri terroristi. Anche Ridi ha ottenuto un permesso di soggiorno a scopo umanitario facendosi passare per vittima delle persecuzioni dei talebani «ai quali invece era contiguo», come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare”.
Ogni permesso di soggiorno vale 7mila euro e conta appoggi nell’ambasciata pachistana a Roma e nel ministero del Lavoro. A organizzare la rete dei permessi è l’organizzazione di Whali Kan e dell’imam di Bergamo Muhammed Hafiz Zulfikal:
“Prima di tutto una persona all’interno dell’ambasciata pachistana a Roma, al quale indirizzano tutti i clienti: «Devono parlare solo con una persona… lui farà una commissione per loro», si dicono al telefono. C’è persino un funzionario del ministero del Lavoro che avrebbe promesso al gruppo gli ultimi posti nelle quote di ingresso annuali del 2010: «La persona che ho io… corrotta, mi ha garantito che il posto è mio!… Lui mi risolve grandi problemi sempre!… Lui è una potenza, e me lo ha garanti-to!…», dice un affiliato a Wali Khan. Quest’ultimo si presenta ai connazionali decisi ad arrivare in Europa in modo a dir poco professionale. Ha una rete di «agenti mediatori» e, scrivono i pm, «rilasciava ai migranti regolare ricevuta». A chi si lamenta replica deciso: «Questo è il nostro lavoro! Io sto lavorando per te!».
Tra i progetti più recenti dell’organizzazione c’è anche l’idea di costruire una moschea. I finanziamenti sarebbero stati raccolti anche tra i musulmani di Roma, mentre «lo stesso Zulkifal era responsabile della raccolta di denaro in Sardegna». Poi, però, Zulfikal decide che la priorità dei finanziamenti va ai mujaheddin: «Bisogna prima pensare a coloro che hanno fatto da portavoce al Creatore – dice – invece per la moschea le possibilità si trovano con la forza dei fedeli. Se noi trovassimo dei mujaheddin riusciremmo a costruire una moschea, perché è difficile riempirla, e poi pensiamo al resto»”.