Terzo valico, la strana storia dell’alta velocità Genova-Milano

di Redazione Blitz
Pubblicato il 3 Febbraio 2014 - 11:01 OLTRE 6 MESI FA
Terzo valico, il progetto

Terzo valico, il progetto

ROMA –  “La strana storia dell’alta velocità Genova-Milano” la definisce il Fatto Quotidiano. La strana storia di un tunnel, il Terzo Valico dei Giovi, costato sei miliardi e 200 milioni. La strana storia di un tunnel in progettazione dal 1991 e che dovrebbe sorgere a pochi metri di distanza da altre tre gallerie, costruite vent’anni fa.

L’articolo di Teresa Tacchella:

Dopo l’inchiesta penale per truffa finita in prescrizione, la Corte dei Conti del Lazio apre un fascicolo sul Terzo Valico. L’opera ha avuto una gestazione di oltre 20 anni e una tenace opposizione che ora riparte con esposti alla Magistratura e ricorsi al Tar. Mentre nelle valli tra Genova e Alessandria si riaccende la protesta contro una delle grandi opere più a lungo contestate e ignorate dal dibattito politico nazionale, e dalla grande stampa, la magistratura contabile apre un fascicolo sullo spreco di denaro pubblico per il mancato utilizzo dei fori pilota funzionali alla prevista galleria di valico che dovrebbe bucare l’Appennino tra Liguria e Piemonte.

Si tratta di interventi per la linea ad alta velocità / alta capacità un tempo Genova-Milano ora Terzo Valico ferroviario dei Giovi, in gestazione da oltre 20 anni. Nonostante infiniti annunci di via ai lavori, al momento, ad eccezione di alcuni discussi cantieri preparatori, è ancora solo sulla carta. Una linea che, di fatto, si fermerà nell’Alessandrino: poche decine di chilometri per 6 miliardi e 200 milioni. A carico dello Stato. Progettazione ed esecuzione dell’opera sono state affidate senza gara, nei primi anni 90, al consorzio Cociv, gruppo Gavio poi Impregilo con l’ingresso di Salini. Committente Rfi, con la supervisione di Italferr. Tre i fori pilota realizzati alla fine degli anni ’ 90.

E oggi inutilizzati. “Proprio perché interessa due regioni – spiega il procuratore ligure Ermete Bogetti – il fascicolo è stato trasmesso per competenza territoriale dalla Procura della Corte dei Conti ligure a quella del Lazio”. I lavori erano costati circa cento miliardi di lire. La realizzazione delle ‘ ’finestre della galleria di valico’’, e non cunicoli esplorativi come avrebbero dovuto essere in assenza di un progetto esecutivo, fu sospesa nel ’ 98 dal ministero dell’ambiente. Finirono sotto inchiesta per truffa aggravata ai danni dello Stato sette persone tra manager e costruttori e il senatore Luigi Grillo, uno dei più attivi sostenitori dell’infrastruttura (assieme a politici di schieramenti diversi) all’epoca dei fatti sottosegretario al bilancio e delegato agli accordi di programma. Per la Procura di Milano i costi sarebbero stati gonfiati del 100 per cento. Ma il processo non fu mai celebrato, grazie alla prescrizione dovuta alla legge ex Cirielli. Una delle gallerie, sul rio Paveto alle spalle di Genova, è stata addirittura chiusa, la collina nasconde il riempimento. Distrutto anche il ponte in cemento armato che era stato costruito per far passare i mezzi pesanti. Non servivano più perché ancora una volta è cambiato il tracciato. Mentre sono lievitati a dismisura i costi.

Cifre da capogiro per un’opera i cui tempi di realizzazione, 8 anni è scritto nel progetto, si allungano sempre di più. Il Cipe, Comitato per la programmazione economica, ha autorizzato il finanziamento per sei lotti costruttivi, non funzionali. Un’accelerazione nell’assegnazione dei fondi si è avuta con il governo Monti e il ministro Passera. Dopo lo stanziamento di 500 milioni per il primo lotto, è arrivato il via libera ai 1. 100 per il secondo, per l’avvio della costruzione vera e propria. Ma non si contano i balletti di cifre, in parte dirottate altrove, poi spalmate negli anni fino al 2016. E restano altri 4 lotti da finanziare. Un’opera rilanciata dal governo Monti, con il ministro Corrado Passera e il suo vice Mario Ciaccia: prima alla guida di Banca Intesa azionista dell’opera, poi nel governo che la sosteneva. L’importante è cominciare, si vocifera negli ambienti politici e imprenditoriali. Intanto, espropri, disboscamenti, demolizioni, cemento e scavi nella montagna hanno riacceso le proteste: inascoltate dalla politica nazionale, i media spesso sordi.

Una protesta tenace quella degli abitanti, spesso assieme ad amministratori locali soprattutto sul versante piemontese, nei territori marginali, di confine, ricchi di natura e operosità ma dove valgono meno economie e suolo agricolo da difendere. Sotto accusa lacune progettuali e mancato ritorno economico, come il fallimento del progetto logistico ad Alessandria che ha visto tra i fautori il “potente” Fabrizio Palenzona. E poi i problemi ambientali: dal rischio distruzione di falde acquifere all’amianto contenuto nella montagna. A preoccupare i cittadini, lo stoccaggio del materiale di scavo che diversi comuni, pressati da assemblee pubbliche, non vogliono proprio. “Manca il promesso protocollo amianto, per la sicurezza di abitanti e lavoratori, necessario prima dell’avvio dei lavori. E tra le ditte in subappalto spuntano quelle inquisite e in odore di ‘ ndrangheta”, denunciano i comitati. E si aggiungono esposti alla Procura di Alessandria e ricorsi amministrativi, l’ultimo al Tar del Lazio – spiega Mario Bavastro del comitato Val Lemme – per autorizzazioni a un cantiere senza il rispetto delle regole. La grande opera è ritenuta dai comitati no tav-terzo valico costosa, dannosa per l’ambiente e la salute e inutile. Si, perché di valichi ferroviari alle spalle di Genova ce ne sono già tre, sottoutilizzati. “Con molto meno si potrebbero potenziare le linee esistenti, per i grandi container e soprattutto per i pendolari e creare molti più posti di lavoro”, sottolinea Antonello Brunetti.

E la scelta di intervenire sulle vecchie linee Luino-Gallarate e Chiasso-Milano, costo 160 milioni, ha portato a un recente accordo con la Svizzera. Nato come “supertreno Genova-Milano Rogo-redo” per i passeggeri, viene poi inserito nel cosiddetto corridoio 24 Genova-Rotterdam per le merci. Il tracciato del progetto definitivo, però, si limita a poco più di una galleria che buca l’Appennino. Ma quali sono i presupposti che ne giustificano la realizzazione? Per il presidente dell’Autorità portuale genovese Luigi Merlo “è un’esigenza sempre più attuale, l’unica via tra Mediterraneo ed Europa”. Con lui quasi tutte le forze politiche tranne Federazione della Sinistra e Cinque Stelle. I comitati replicano: “I dati sui traffici hanno il segno meno e smentiscono le ipotizzate crescite gigantesche”. E poi, ripete da tempo il professor Marco Ponti, uno dei maggiori esperti di trasporti, “non vengono fornite analisi economiche in grado di dimostrare che l’opera serve e che sia davvero prioritaria rispetto ad altre”. Intanto, anche in esponenti di partiti e sindacati sostenitori della grande opera (recentemente Ermete Realacci del Pd) si fa strada l’idea che la crisi e il dissesto idrogeologico impongono scelte diverse.