Ue: “Italia ha squilibri eccessivi”. Rassegna stampa e prime pagine del 6 marzo

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Marzo 2014 - 08:43 OLTRE 6 MESI FA

Bocciatura europea per l’Italia “Siete uno dei Paesi più squilibrati entro aprile servono nuove misure”. L’articolo di Repubblica a firma di Andrea Bonanni:

Per quanto riguarda il debito, la Commissione ci impone di agire più in fretta e più radicalmente per ridurlo migliorando il saldo primario, cioè l’attivo di bilancio al netto delle spese che paghiamo per gli interessi sul debito. L’Italia, dice Bruxelles, deve registrare «surplus primari molto alti, e al di sopra dei livelli storici». Quando entrammo nell’euro, il governo italiano si impegnò a mantenere un surplus primario del 5 per cento. Questo livello non è praticamente mai stato rispettato in tutti questi anni. E quanto è previsto dalla legge finanziaria attuale «in base alle stime correnti, appare insufficiente per ridurre l’elevato debito pubblico a un tasso adeguato».

Ma il debito non si può ridurre senza crescita economica. Equesta a sua volta è frenata dalla mancanza di competitività dell’economia italiana. La Commissione ne enumera le ragioni: «continua mancanza di allineamento fra salari e produttività », «un elevato cuneo fiscale sul lavoro», « inefficienze di vecchia data nella pubblica amministrazione e nel sistema giudiziario, una debole “governance” delle imprese e alti livelli di corruzione e di evasione fiscale riducono l’efficacia dell’allocazione delle risorse», e infine «debolezze strutturali nel sistema d’istruzione». Tra le cose da fare subito: « alleggerire il costo del lavoro», «rendere latassazione più’ orientata verso la crescita spostandola dai fattori produttivi», « semplificare le procedure fiscali».

Nei guai il giudice anti Cav: il Csm processa Esposito. L’articolo del Giornale a firma di Anna Maria Greco:

L’uomo che ha emesso la condanna in Cassazione di Sil­vio Berlusconi finisce sotto pro­cesso disciplinare. Tutta colpa di quell’intervista che il presi­dente Antonio Esposito rila­sciò a Il Mattino , subito dopo il verdetto sui diritti tv Mediaset e ben prima del deposito delle motivazioni.

Era un agosto di fuoco per la politica, prima che per la giusti­zia, quello dell’estate scorsa. E lui, il magistrato che presiede­va il collegio feriale e il primo del mese lesse nell’aula magna del Palazzaccio, sotto i riflettori del mondo, la sentenza di con­danna del Cavaliere per frode fi­scale, parlò troppo. Ora il procuratore generale Gianfranco Ciani chiude l’istruttoria avviata a novem­bre, ma preceduta già a metà agosto dagli accertamenti preli­miminari e lo rinvia a giudizio, davanti al tribunale disciplina­re del Csm. Giornata nera in fa­miglia, perché la notizia arriva contemporaneamente a quella sul figlio pm Ferdinando, inda­gato dai colleghi di Brescia e an­che lui sotto pre-istruttoria di­sciplinare del pg.

Antonio Esposito è stato con­vocato dal primo pm d’Italia al­l’inizio di febbraio, ma la sua di­fesa non ha convinto. Contro di lui pesa non solo il testo dell’in­tervista del 6 agosto, intitolata «Berlusconi condannato per­ché sapeva, non perché non po­teva non sapere », ma ancor più la registrazione integrale del colloquio con il giornalista na­poletano, che ha miseramente demolito la sua debole smenti­ta imperniata su una presunta «manipolazione» delle sue pa­role.

Per Ciani, ci sono tutti gli ele­menti per una punizione esem­plare. La procura generale del­la Cassazione sosterrà le sue ac­cuse contro Esposito, che avrebbe violato il segreto della camera di consiglio, rivelando il ragionamento in base al qua­le il collegio degli ermellini si è convinto della colpevolezza del leader di Forza Italia e dun­que un obbligo di riservatezza che non è forma ma sostanza.

Nell’«atto di incolpazione» inviato dal pg al giudice a no­vembre, si parlava di tre viola­zioni disciplinari. Primo: aver appunto trasgredito il dovere di riservatezza. Secondo: aver rilasciato interviste su soggetti «coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti». Terzo: aver viola­to la disposizione che indica un funzionario ad hoc per i rappor­ti con la stampa.

Indagati a casa? “Non è intenzione del Governo”. L’articolo del Fatto Quotidiano a firma di Fabrizio D’Esposito:

In un’aula vuota e sorda pure, la Boschi rosa e renziana, dal colore della camicia, completa la mutazione genetica del Pd. Gli indagati di governo non si toccano. Punto. Barracciu, per l’occasione, ma anche De Filippo, Bubbico e Del Basso De Caro. Salvarne una per salvare gli altri tre. La questione morale è morta e sepolta. Con tanto di timbro parlamentare, nasce la questione della doppia morale della sinistra. Il Cinghiale calabro e censore, alias Tonino Gentile di Ncd, a casa ma gli altri no. Nel caso della Barracciu la doppia morale ha persino una variante ad personam, come spiega una deputata grillina, Emanuela Corda: “Noi vorremmo capire secondo quali criteri Matteo Renzi abbia considerato l’onorevole Barracciu non candidabile alla carica di governatrice ma notevolmente idonea invece a ricoprire l’incarico di sottosegretario. Vogliamo capire perché l’avete prima accompagnata alla porta e poi la fate rientrare dalla finestra”.

MARTEDÌ 5 MARZO, alle 15 e 45. A Montecitorio, in aula, non ci sono più di trenta deputati. Si contano facilmente, dalla tribuna stampa. Question time, si chiama così il tempo dedicato alle interrogazioni. Una riguarda proprio la Barracciu, l’ha presentata il Movimento 5 Stelle. La Corda esaurisce il minuto che ha a disposizione e tocca a Maria Elena Boschi, ministro per i Rapporti con il Parlamento, alzarsi e rispondere. La ministra, come la chiama il vicepresidente Luigi Di Maio, altro grillino, ripete il copione quasi a memoria, senza tenere conto del cruciale quesito sollevato dal M5S: “Perché in Sardegna no e al governo sì?”. La giovane Boschi, rosa e renziana, mette il suo viso da Madonna su un Pd democristiano, socialista e berlusconiano allo stesso tempo. Nemmeno il partito dalemiano era mai arrivato a tanto: “Non è intenzione di questo governo chiedere dimissioni di ministri o sottosegretari sulla base di un avviso di garanzia, ma eventualmente per motivi di opportunità politica. Noi tutti abbiamo giurato sulla Costituzione e sappiamo che uno dei principi fondamentali è la presunzione di innocenza. L’avviso di garanzia è un atto dovuto, posto a tutela di ogni cittadino e di ogni indagato per poter esercitare pienamente il diritto di difesa; non è un’anticipazione di condanna. Quindi, questo procedimento nei confronti della Barracciu è nella fase preliminare, il sottosegretario ha chiesto anche una accelerazione dei tempi; all’esito il governo valuterà se suggerire le dimissioni del sottosegretario”. La svolta del Pd si consuma in meno di dieci minuti. Sempre in aula vuota. Sorda e sarda. I grillini non si ritengono soddisfatti e vanno all’attacco. A parlare stavolta è Nicola Bianchi: “Ma la Barracciu non si era fatta da parte perché non era eticamente corretto candidarsi dopo essere stata indagata per aver sperperato soldi pubblici? Ebbene sì: soldi pubblici. Si parla, nello specifico, di 33 mila euro di rimborsi di benzina. Facendo un rapido calcolo, si evince che corrispondono a circa 19.400 litri, l’equivalente che serve a fare il giro della terra per sette volte”. Ma non ci sarà nulla da fare. Gli indagati resteranno al loro posto, con la complicità di Ncd che non chiederà la loro testa per bilanciare il sacrificio di Gentile. Schifani si è premurato di precisarlo : “Noi siamo e resteremo garantisti”. La costituzionalista Lorenza Carlassare sul sito di Libertà e Giustizia ricorda che il capo dello Stato avrebbe potuto impedire la nomina di inquisiti. Articolo 54 della nostra Carta: la garanzia dell’onore.