Università, inchiesta sui “baroni”. Da Bari lo scandalo si allarga in tutta Italia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Maggio 2014 - 10:47 OLTRE 6 MESI FA
Inchiesta sui “baroni” da Bari lo scandalo si allarga a tutt’Italia

Inchiesta sui “baroni” da Bari lo scandalo si allarga a tutt’Italia

BARI – Pressioni, scambi, nomi eccellenti, telefonate su telefonate intercettate per favorire un candidato piuttosto che un altro, un sistema collaudato di spartizione di posti da docenti ordinari e associati in tutta Italia. C’è tutto questo nell’inchiesta partita nel 2008 e condotta dalla procura di Bari. Il primo filone di indagini si è chiuso, gli atti sono stati inviati pochi giorni fa per competenza a Milano.

Cinquanta concorsi all’esame degli inquirenti, più della metà degli esami – 18 su 32 – sotto accusa, 38 docenti finiti nel mirino. Nel registro degli indagati figurano nomi di peso come la senatrice di Forza Italia ed ex ministra per le Politiche Europee, Anna Maria Bernini, associata di diritto pubblico a Bologna, e Francesco Pizzetti, all’epoca dei fatti presidente dell’Ufficio del garante della Privacy e ordinario di diritto pubblico a Torino. Diversi i capi d’accusa: dall’associazione a delinquere, alla corruzione, fino alla truffa aggravata e al falso.

Scrive Flavia Amabile su La Stampa:

Dalle indagini emerge un sistema consolidato che decideva le assunzioni in tutt’Italia in base alla corrente accademica di appartenenza. Alla faccia del merito e della trasparenza. Per il mondo dei ricercatori e dei tanti che hanno tentato di entrare nelle università italiane non è una sorpresa. Luigi Maiorano, presidente dell’Apri, l’associazione dei precari della ricerca, è categorico: «Nella nostra esperienza il sistema è una cupola che coinvolge tutti i concorsi, sia quelli per ordinari che quelli per associati o per ricercatori. Si bandisce un concorso solo quando esiste già un vincitore, una persona da sistemare, non in base alle esigenze della ricerca o della didattica. E la persona designata è sempre interna al sistema. Per noi, infatti, andare all’estero significa uscire dal sistema e perdere ogni possibilità di rientrare».

Lui, infatti, è laureato in Scienze Naturali, ma ha anche un titolo di dottore di Ricerca in Natural Resources, ottenuto negli Stati Uniti, cinque borse di studio semestrali per meriti scolastici presso l’University of Idaho (Usa), un incarico di ricercatore postdottorato all’Università di Losanna ma quando è dovuto rientrare in Italia per motivi familiari si è visto chiudere un bel po’ di porte davanti. Oggi è assegnista alla Sapienza, ma nemmeno con i bandi Montalcini o i bandi Sir in cui le università hanno quasi soltanto vantaggi e nessun costo si riesce a sfondare le barriere costruite intorno agli atenei: «La riposta più gentile che si ottiene è “Non rompere l’anima alle file locali”».

Quattro anni fa un ricercatore si era divertito a costruire un sito di previsioni un po’ particolari. Si chiama «Pronostica il ricercatore», annunciava i concorsi, ma anche i vincitori. Su 134 pronostici ne ha indovinati 110. Un po’ inquietante, no?
«Il sistema funziona attraverso reti – continua Luigi Maiorano -. Quando il posto da assegnare è di alto livello come nel caso degli ordinari, la rete diventa nazionale. Se invece si tratta di sistemare dei ricercatori ci si muove a livello locale ma comunque attraverso una rete che sceglie il suo candidato».

L’Adi, associazione dei dottorandi e dottori di ricerca italiani, nel 2013 ha pubblicato un’analisi da cui emerge che il 93% di chi ha ottenuto un assegno di ricerca non continuerà a fare ricerca nell’università. Alessio Rotisciani, portavoce dell’associazione: «La difficoltà che si incontra nell’ottenere una stabilizzazione rende anche più stridente il contrasto con i processi seguiti durante alcuni concorsi. Quello che emerge è che anche di fronte a nuove norme, come è avvenuto con la riforma Gelmini, il sistema riesce sempre ad innescare processi adattativi che permettono di plasmare le regole in base ai propri interessi. Per questo chiediamo che siano ridisegnate le regole coinvolgendo tutti i soggetti senza calare le norme dall’alto e senza demonizzazioni come è avvenuto nel 2008 introducendo solo una stagione di tagli e demolizione dell’università».