Volkswagen, il silenzio assordante del sindacato Ig Metall

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Ottobre 2015 - 14:13 OLTRE 6 MESI FA
Volkswagen, il silenzio assordante del sindacato Ig Metall

Volkswagen, il silenzio assordante del sindacato Ig Metall

ROMA – Il caso Volkswagen, al di là delle pesantissime ricadute finanziarie e reputazionali, ha messo in crisi un modello industriale, smentisce fragorosamente l’autoritratto di una nazione che si dipinge eticamente irreprensibile. Possibile che non una sola parola sia venuta dal mondo sindacale, è normale che Ig Metall riempia solo con il suo silenzio assordante lo spazio della critica a una gestione allegra e disinvolta, per usare un eufemismo, sprezzante di regole e leggi internazionali?

E’ la domanda che si pone Paolo Bricco sul Sole 24 ore. Domanda che investe non solo le responsabilità del sindacato, che occupa metà del consiglio di sorveglianza Volkswagen: in questione c’è proprio quello che è considerato un modello nelle relazioni industriali, la co-gestione, in tedesco Mitbestimmung.

«Il sindacato tedesco è paralizzato – osserva Bruno Manghi, una delle voci storiche più autorevoli del sindacato italiano e fra i maggiori conoscitori delle dinamiche fra fabbrica, società e politica – nella durezza del passaggio sta probabilmente prevalendo la paura per la perdita dei posti di lavoro. Ma, soprattutto, il sindacato tedesco appare annichilito nella sua componente più intimamente istituzionale: lo spirito di collaborazione così strutturale con la dirigenza dell’azienda e il rapporto di fiducia così indiscriminato sembrano avere cancellato ogni tipo di anticorpo. Il sindacato è il grande assente dal dibattito in corso in Germania in questi giorni».

C’è la vita di fabbrica. E c’è la vita fuori dalla fabbrica. Dentro alla fabbrica, un meccanismo truffaldino congegnato nel 2009 e perpetrato per sei anni richiede organizzazione e metodo, partecipazione e consapevolezza. «Il sindacato sapeva? O, meglio, i sindacalisti sapevano? E come era possibile che fossero ignari di tutto?», si chiede Manghi. Di certo, l’afonia della Ig Metall pone una doppia questione: la prima relativa al meccanismo dell’organismo industriale tedesco, la seconda sulle reali dinamiche di quella politica e di quella società.

«Non conosco da vicino la struttura della Mitbestimmung presso la Volkswagen – dice Gian Enrico Rusconi, storico e politologo fra i maggiori conoscitori della Germania – ma è stupefacente che i sindacalisti non si siano accorti di nulla. Anziché dialettica interna c’è stato conformismo aziendale. È come se si fosse persa la carica originale e innovativa del modello. Quasi che, alla seconda/ terza generazione, uno da sindacalista non possa che diventare funzionario».

Nella logica della fabbrica, c’è poi un altro aspetto da non sottovalutare. «Inizio a pensare – riflette ad alta voce Rusconi – che anche i sindacalisti potessero considerare la questione delle centraline e dell’inquinamento alla stregua di un dettaglio. L’etica dell’ecologia, che nella società come nelle imprese tedesche ha un ruolo centrale, era forse una finzione? Loro stessi non ci credevano davvero? Questa sottovalutazione, anche se fosse inconscia, sarebbe ancora più drammatica ». (Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore).