Alzheimer, cura in cellula dell’intestino? Scoperta a Napoli

di redazione Blitz
Pubblicato il 21 Marzo 2016 - 17:46 OLTRE 6 MESI FA
Alzheimer, cura in cellula dell'intestino? Scoperta a Napoli

Alzheimer, cura in cellula dell’intestino? Scoperta a Napoli

NAPOLI – La cura per l’Alzheimer si nasconde nell’intestino. In particolare nelle cellule gliali, quelle cioè che costituiscono il sistema nervoso nel tratto intestinale. La scoperta si deve allo sforzo congiunto dei ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli e quelli del Dipartimento di Fisiologia Umana e Farmacologia “V. Erspamer” dell’Università La Sapienza di Roma. I risultati dello studio sono pubblicati sull’autorevole rivista Nature.

La ricerca, condotta e coordinata da Giovanni Sarnelli della Federico II e Giuseppe Esposito de La Sapienza, dimostra che le cellule gliali isolate dall’intestino mediante un semplice intervento di appendicectomia, quando trapiantate nel cervello di ratti con gravi alterazioni nervose, hanno la capacità di “ripulire” il cervello dalla Beta-amiloide, una delle principali proteine coinvolte nel processo di degenerazione alla base della demenza di Alzheimer.

Lo studio, finanziato in parte con i fondi della Regione Campania e del Miur, documenta una significativa riduzione dell’infiammazione cerebrale nei ratti sottoposti al trattamento oltre che una stimolazione del processo di “neurogenesi” con il conseguente miglioramento sia della memoria, che del comportamento degli animali trattati.

Una tale scoperta, sottolineano i ricercatori, oltre ad avere importanti ripercussioni sulla conoscenza dei meccanismi di base della malattia di Alzheimer, apre la strada a nuovi approcci terapeutici nel campo della medicina rigenerativa e dei trapianti e, per la prima volta, individua nel sistema nervoso dell’intestino una fonte di facile accesso a cui attingere per il trattamento di gravi patologie neurodegenerative, tra le quali la malattia di Alzheimer è quella più frequente, interessando almeno 600.000 pazienti solo in Italia.