Aviaria, psicosi in Cina: strage di polli, caccia alle mascherine

Pubblicato il 11 Aprile 2013 - 12:30| Aggiornato il 8 Gennaio 2023 OLTRE 6 MESI FA

PECHINO –  Centinaia di migliaia di polli, anatre, piccioni e quaglie bruciati. Il consumo di carne bianca crollato. Caccia alle mascherine anti-batteri. Via il pollo dai menù di ristoranti, mense di uffici e scuole e compagnie aeree. In Cina è psicosi per il ritorno dell’aviaria. E le vittime sono soprattutto gli uccelli, presunti untori.

La tivù di Stato ha lanciato una campagna per spiegare che la tradizione cinese di acquistare animali vivi “è ormai un rischio troppo elevato per la salute”. Gli allevatori di piccioni vaccinano i loro uccelli. Ma quelli domestici non possono volare fuori dalle loro gabbie. L’Indonesia ha bloccato l’importazione di piume d’anatra per il badminton, sport nazionale.

Pechino parla di “cospirazione” per contenere l’ascesa della Cina e accusa gli Stati Uniti di aver usato “armi bio-psicologiche”. Tredici persone sono state arrestate con l’accusa di aver diffuso false informazioni sul virus, altre sono finite in carcere per “aver diffuso il panico su internet”.

Nonostante l’atmosfera da fine del mondo governo e medici negano che il virus H7N9 si sia mai trasmesso da uomo a uomo. Nemmeno tra gli uccelli si può parlare di pandemia. Ma i cinesi temono che Pechino nasconda la verità per evitare il panico, come fece nel 2003. Anche perché i contagi aumentano. Una settimana dopo le prime notizie di nuovi contagi le vittime sono nove, i casi conclamati 33. Ma in migliaia sono ricoverati sotto osservazione.

Anche l‘Organizzazione Mondiale della Sanità è preoccupata: il virus si è diffuso in un’area insolitamente ampia, è mutato da H5N1 al più resistente ceppo H7N9. E i contagiati sono molti più di quelli del 2003, all’inizio dell’epidemia del 2003.