Coronavirus, perché l’immunità di gregge non è una soluzione. Rezza (Iss): “Rischio immane”

di admin
Pubblicato il 16 Marzo 2020 - 15:12 OLTRE 6 MESI FA
Immunità di gregge, perchè non è una soluzione contro il coronavirus

Immunità di gregge, perché non è una soluzione contro il coronavirus (Foto archivio ANSA)

ROMA – Immunità di gregge contro il coronavirus. Questa la proposta di Boris Johnson, premier della Gran Bretagna, che solo qualche giorno fa ha sollevato polemiche. L’immunità di gregge infatti non può essere una soluzione percorribile ad oggi per difenderci dalla pandemia, dato che non abbiamo a disposizione un vaccino e sono ancora troppo poche le persone immunizzate contro il virus covid-19.

Percorrere questa strada significa accettare un elevato numero di morti e non è detto che la strategia funzioni, come ha spiegato in una intervista anche Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. Il medico infatti non solo la definisce “una assurdità”, ma sottolinea come questa scelta rappresenti “un rischio immane per la popolazione”.

Che cos’è l’immunità di gregge?

Facciamo un passo indietro. Per immunità di gregge si intende in medicina una forma di protezione indiretta della popolazione che si ottiene dalla vaccinazione di una parte significativa di individui. Maggiore è il numero di persone immunizzate dal virus o dall’agente patogeno che provoca l’infezione, maggiore sarà la protezione per l’intera popolazione, anche per i soggetti che ancora non sono stati infettati.  

Il principio dell’immunità di gregge per le malattie infettive si basa quindi sul fatto che la catena dell’infezione venga interrotta quando gran parte della popolazione è immune, o comunque meno suscettibile, alla malattia. Su questo principio si basa quindi la necessità di vaccinarci per proteggere non solo noi stessi dalle malattie, ma soprattutto le fasce più deboli della popolazione, come neonati, anziani e immunodepressi, che per motivi di salute non possono sottoporsi al vaccino e quindi essere protetti.

Agendo quindi sulla comunità o “gregge”, si riducono i rischi per l’intera popolazione dalla malattia. Nel caso del coronavirus, questo approccio non è possibile, dato che ad oggi ancora non disponiamo di un vaccino. Inoltre, come ha spiegato nei giorni scorsi Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute e membro del Comitato di esperti della Protezione civile intervistato da Repubblica: “Si tratta di un virus nuovo e non ci sono ancora conferme scientifiche su una immunità duratura dopo la malattia. Chi è stato contagiato potrebbe anche riprenderlo per quanto si sa al momento”. 

Coronavirus e immunità di gregge, Rezza: “Un rischio immane”

Giovanni Rezza, che è a capo del dipartimento di Malattie infettive dell’Iss, ha spiegato al quotidiano online InTerris.it il motivo per cui ad oggi parlare di immunità di gregge sia sbagliato: “E’ un’evidente assurdità e un rischio immane per la popolazione. Per raggiungere l’immunità di gregge si deve raggiungere un numero inaccettabilmente elevato di persone malate. Non è una strategia accettabile perché ha costi insostenibili in termini di vite umane”.

L’esperto ha ribadito come per parlare di immunità di gregge sia necessario registrare prima un’alta percentuale di individui immunizzati o vaccinati. Un numero che ad oggi non c’è e non è raggiungibile contro la pandemia di coronavirus, dato che non disponiamo ancora di un vaccino.

Rezza ha sottolineato che nonostante gli studi in atto, per quando un vaccino verrà scoperto “serviranno tempi tecnici per sperimentarne l’efficacia e il grado di sicurezza. Solo a quel punto, dopo aver avuto le evidenze scientifiche, la massa delle persone vaccinate potrà diventare un argine alla diffusione del contagio”.

Al momento dunque la strada da seguire è quella di adottare misure per limitare i contagi e rispettarle, per riuscire ad arginare l’emergenza.

(Fonte AGI, ANSA, Repubblica)