Coronavirus, il biologo Mario Picozza: “Per il vaccino ci vuole almeno un anno”

di redazione Blitz
Pubblicato il 17 Aprile 2020 - 12:56 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus, il biologo Mario Picozza: "Per il vaccino ci vuole almeno un anno"

Coronavirus, il biologo Mario Picozza: “Per il vaccino ci vuole almeno un anno” (Foto archivio Ansa)

ROMA  –  Il vaccino contro il coronavirus? Non arriverà prima di un anno. A dirlo, a Latinatu.it, è il biologo Mario Picozza.  

Dalla sperimentazione in vitro si potrà passare ai test sugli animali e quindi alla somministrazione del farmaco ad alcune decine di pazienti sani, per quantificare il rischio di effetti collaterali. In questa fase della sperimentazione che si troverà tra due settimane l’azienda Advent-Irbm di Pomezia. 

Ma i test sui pazienti sani potrebbero richiedere diversi mesi. Solo allora, nel caso confermino che il vaccino è sicuro, si potrà passare alla sperimentazione su un bacino più ampio di pazienti a rischio contagio.

L’irbm, scrive Latina.it, vorrebbe procedere sugli operatori sanitari dei reparti Covid-19. A quel punto, ma solo dopo altri mesi, si potrà comparare il numero dei contagi e la sintomatologia tra le persone vaccinate con quelli di un campione di individui non vaccinati con lo stesso grado di esposizione al rischio d’infezione.

Proprio dalla comparazione dei due gruppi si potranno avere informazioni importanti sull’efficacia del farmaco. E al termine di questo processo si potrò distribuire il vaccino su vasta scala. Nella migliore delle ipotesi, quindi, il vaccino sarebbe disponibile nel primo semestre del 2021. 

Il vaccino sarebbe ancor più importante perché, secondo Picozza, ad oggi non si sarebbe individuato il serbatoio virale del Sars-Cov-2, ovvero il mediatore, ma solo la fonte primaria del coronavirus. E questo ci esporrebbe al rischio di un ulteriore contagio nell’immediato futuro.

“A parte la diatriba su quale sia la specie animale d’origine del SARS-CoV-2, il tema forse più impellente riguarda dove sia avvenuta la selezione naturale che ne ha consentito, attraverso l’adattamento, la larga diffusione tra gli uomini – ha spiegato Picozza a Latinatu.it -: se nell’animale serbatoio o direttamente nell’uomo. Se infatti il SARS-CoV-2 fosse divenuto così infettivo per l’uomo mentre si diffondeva in un’altra specie animale, il rischio che riemerga in futuro è concreto visto che continuerebbe intanto a circolare nel serbatoio animale”. (Fonte: Latinatu.it)