Cos’è la sindrome di Prader-Willi, la malattia che ha portato al suicidio lo zio di Elena Santarelli

di Redazione Blitz
Pubblicato il 24 Luglio 2019 - 14:29 OLTRE 6 MESI FA
La sindrome di Prader-Willi, la malattia che ha portato al suicidio lo zio di Elena Santarelli: cos'è e come si manifesta

La lettera dello zio di Elena Santarelli dove spiega i motivi del suicidio

ROMA – Lutto per Elena Santarelli. Lo zio, Vittorio Bonaldo, si è suicidato lanciandosi dall’ottavo piano di un palazzo a Latina. Prima di togliersi la vita l’uomo ha scritto una lettera, che l’attrice ha voluto rendere pubblica sul suo profilo Instagram: “La Prader-Willi mi ha consumato, distrutto senza forze, ora sento già il secondo mostro che si è impossessato di me. Chiedo scusa alla mia famiglia (tutta) ma non ho la forza per affrontarlo” ha scritto lo zio nella lettera lasciata alla moglie.

Cos’è la sindrome di Prader-Willi

La sindrome di Prader-Willi è una malattia genetica rara caratterizzata da anomalie ipotalamico-pituitarie associate a grave ipotonia nel periodo neonatale e nei primi due anni di vita e alla insorgenza di iperfagia, che esita nel rischio di obesità patologica durante l’infanzia e nell’età adulta, a difficoltà di apprendimento e a disturbi comportamentali o problemi psichiatrici gravi.

La malattia colpisce 1/25.000 nati. L’ipotonia grave alla nascita comporta problemi alla deglutizione e all’allattamento e un ritardo dello sviluppo psicomotorio, ma tende a attenuarsi parzialmente con l’età. Sono state spesso segnalate caratteristiche facciali peculiari (fronte stretta, occhi a mandorla, labbro superiore sottile e bocca rivolta verso il basso) e mani e piedi molto piccoli. Dopo questa fase iniziale, i segni principali sono l’iperfagia e la mancanza di sazietà che causa spesso, nei bambini affetti di circa due anni, obesità grave. In assenza di controlli esterni adeguati, la condizione può peggiorare rapidamente.

L’obesità è la causa più importante di morbidità e mortalità dei pazienti. Altre anomalie endocrine correlate contribuiscono a un quadro clinico caratterizzato da bassa statura, deficit dell’ormone della crescita, e sviluppo puberale incompleto. Il deficit cognitivo è estremamente variabile e si associa a difficoltà di apprendimento e a uno sviluppo anomalo del linguaggio, spesso aggravati dai disturbi comportamentali e psicologici. La malattia è eterogenea dal punto di vista clinico e genetico. È dovuta ad anomalie della regione critica del cromosoma 15 (15q11-q13).

Gli esperti concordano che la diagnosi debba basarsi su criteri clinici (i criteri di Holm del 1993, rivisti nel 2001) e essere confermata dalle analisi genetiche. La maggior parte dei casi è sporadica e i casi familiari sono rari; tutte queste informazioni dovrebbero essere fornite dalla consulenza genetica. La presa in carico deve essere globale e multidisciplinare. La diagnosi precoce, la terapia multidisciplinare precoce e la terapia con l’ormone della crescita (GH) hanno migliorato sensibilmente la qualità della vita di questi bambini.

Al momento non esistono dati sugli effetti a lungo termine della terapia con GH negli adulti, in particolare circa l’effetto sui disturbi comportamentali e sul grado di autonomia raggiunto. Negli adulti, le complicazioni legate all’obesità e all’autonomia rappresentano i problemi più importanti. (fonte ORPHA.NET)