Cos’è la Trimetilaminuria (TMAU), la patologia della pelle che la fa odorare di pesce marcio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Febbraio 2020 - 12:18 OLTRE 6 MESI FA
Cos'è la Trimetilaminuria (TMAU), la patologia della pelle che la fa odorare di pesce marcio

Cos’è la Trimetilaminuria (TMAU), la patologia della pelle che la fa odorare di pesce marcio

ROMA – Erica Astrea ha 35 anni ed è una dei quindici italiani affetti dalla TMAU, la Trimetilaminuria, una rarissima patologia della pelle che la fa odorare di pesce marcio. La donna si è sfogata in una intervista a Leggo nella quale spiega cosa significhi vivere tutti i giorni con questa malattia.

A oggi non esiste ancora una cura: “È una malattia del metabolismo che provoca un difetto nella normale produzione della flavina monossigenasi (FMO3). Il mio corpo non è capace di degradare una molecola maleodorante (TMA) che si accumula nell’organismo e viene espulsa attraverso la sudorazione, la saliva, l’urina, il respiro e le secrezioni vaginali, provocando quale effetto l’emanazione di cattivo odore”. Un odore acido, simile a quello del pesce marcio, che dà il nome alla patologia.

Erica ne soffre fin dalla nascita: “Io non sentivo il mio odore, e anche i miei genitori ne erano assuefatti al punto da non notarlo. Ma non era raro che le persone attorno mi indirizzassero frecciatine parlando di igiene personale”, spiega al quotidiano. “Mi lavavo in modo compulsivo, arrivando a fare anche dieci docce al giorno”, rivela ancora. I medici ai quali si era rivolta però, per diversi anni, le dicevano che si trattava di una questione psicosomatica: “Ma io non ero pazza”.

“La gente mi isolava – racconta -. In treno, le persone cambiavano vagone. A scuola di danza, gli altri cambiavano sala. In ufficio, i colleghi aprivano porte e finestre anche d’inverno”.

Pochi anni fa la scoperta della malattia: “Un giorno, avevo 30 anni, il mio ex fidanzato mi ha detto che in determinati momenti emanavo un odore simile a quello del pesce marcio. Così abbiamo iniziato ad indagare e siamo arrivati alla TMAU attraverso un test effettuato presso il centro di ricerca dell’Università di Messina, coordinato dalla dottoressa Antonina Sidoti. All’epoca era l’unico in Italia, oggi ce ne sono anche a Roma, Napoli e Bologna”.

“Per cercare di minimizzare le conseguenze della TMAU seguo una dieta restrittiva – dice ancora Erica -, eliminando carne, pesce, uova, legumi, prodotti con lievito e cereali. Particolare accortezza dedico all’igiene del corpo, ma è fondamentale anche il supporto psicologico. Chi soffre di Tmau tende ad isolarsi, avere pensieri estremi: anche io ho vissuto e vivo tutt’ora momenti difficili”. (fonte LEGGO)