Fecondazione eterologa, legge 40 torna a Consulta. “Mina diritto alla famiglia”

Pubblicato il 4 Aprile 2013 - 17:50 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – La legge 40, che vieta la fecondazione eterologa, torna davanti alla Corte costituzionale. Il Tribunale civile di Milano, con un’ordinanza depositata il 29 marzo scorso, ha stabilito che il divieto di fecondazione eterologa si pone in contrasto con alcuni principi costituzionali, tra cui il diritto fondamentale all’autodeterminazione della coppia, il principio di eguaglianza tra coppie e il diritto alla salute. I giudici chiedono, dunque, ancora una volta, alla Consulta di pronunciarsi sulla legge 40 che ha per l’ennesima volta ha subito una bocciatura.

Il divieto di fecondazione eterologa, previsto dalla legge 40, ”condiziona” la ”possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili” di ”poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare”. Lo scrivono i giudici di Milano che hanno sollevato la questione di incostituzionalità della legge davanti alla Consulta.

La coppia,”affetta da azoospermia completa”, ha presentato nel 2010 ricorso al Tribunale civile di Milano per poter accedere alla fecondazione eterologa, vietata dalla legge 40 del 2004. Un ricorso per chiedere – come spiega la costituzionalista Marilisa D’Amico che assiste la coppia assieme agli avvocati Maria Paola Costantini, Massimo Clara e Sebastiano Papandrea – ”che venga resa giustizia e di poter provare ad avere un figlio in Italia, non potendosi permettere economicamente di recarsi all’estero”.

Già in passato la prima sezione civile del Tribunale di Milano aveva deciso di inviare gli atti di questo caso alla Consulta per incostituzionalità della legge 40. Lo scorso giugno, però, la Corte Costituzionale ha deciso – in questo come negli altri casi sollevati dai vari Tribunali italiani – di rimandare gli atti ai giudici per ”accertare, alla luce della nuova esegesi fornita dalla Corte di Strasburgo, se ed entro quali termini permanga il denunciato contrasto” con le norme costituzionali. I ricorsi erano infatti per lo più basati su una precedente sentenza giunta da Strasburgo, che aveva condannato l’Austria proprio per il divieto di eterologa. Verdetto che e’ stato, però, poi ribaltato dalla Grande Camera in appello nel novembre 2011.

Da qui la richiesta della Consulta di una ‘nuova’ valutazione ai tribunali. Ora il Tribunale civile di Milano (collegio Bichi-Miccichè-Dorigo), con un’ordinanza depositata il 29 marzo scorso, ha stabilito che il divieto di fecondazione eterologa si pone in contrasto con alcuni principi costituzionali, tra cui il diritto fondamentale all’autodeterminazione della coppia, il principio di eguaglianza tra coppie e il diritto alla salute. I giudici chiedono, dunque, ancora una volta, alla Consulta di pronunciarsi.

”E’ una notizia molto positiva – ha spiegato Marilisa D’Amico, avvocato e anche consigliere comunale milanese del Pd – perché, entro qualche mese, forse entro la fine dell’ anno, le coppie in Italia potrebbero avere accesso alla fecondazione eterologa”.