Ictus, infarto e i piccoli ospedali: risorse, rischi e insuccessi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Agosto 2013 - 09:26 OLTRE 6 MESI FA

Ictus, infarto e i piccoli ospedali: la mappa dei rischi e degli insuccessiROMA – Ictus, infarto, artroscopia del ginocchio. Patologie che grandi e piccole strutture possono fronteggiare, ma che nei piccoli ospedali sembrano avere un tasso di mortalità maggiore. Tra deficit del Sistema sanitario nazionale e storie di malasanità viene da chiedersi se i piccoli ospedali siano delle risorse preziose per chi vive nel territorio o dei rischi per la sicurezza.

Una mappa sui rischi e sugli insuccessi di diversi interventi italiani è stata costruita dal ministero della Sanità e dell’Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari nazionali, mappa che in alcuni tratti mette in evidenza la relazione tra numero di interventi eseguiti e tasso di insuccessi. Più interventi si fanno, e si accumula esperienza, più calano gli insuccessi. Relazione che non sempre però vale.

Marco Esposito su Il Messaggero spiega poi che la popolazione che abita sul territorio si oppone alla chiusura dei piccoli ospedali, ma le valutazioni sugli interventi delle strutture sanitarie minori fanno riflettere secondo il giornalista, che spiega come la mappa è stata “disegnata” dal ministero:

“I medici si sono interrogati a lungo sul legame tra volume di assistenza e successo degli interventi. Con risultati che sono considerati decisivi per undici tipologie di intervento: aneurisma aorta addominale non rotto; angioplastica coronaria; artroplastica ginocchio; bypass aortocoronarico; chirurgia carcinoma esofago; chirurgia carcinoma pancreas; chirurgia carcinoma prostata; colecistactomia; endoarterectomia carotidea; infarto del miocardio; terapia intensiva neonatale. Per interventi simili la piccola struttura o la struttura anche grande ma con pochi casi trattati mette il paziente in condizioni di rischio oggettivo”.

Per studiare la mappa dei rischi il ministero e l’Agenas hanno creato un banca dati che definisce quando un caso medico è considerato un “insuccesso”. Se un paziente muore entro 30 giorni dall’operazione oppure ha bisogno di un nuovo intervento entro i 6-12 mesi dal primo, il caso clinico è un insuccesso. I dati filtrati su questo criterio nelle varie Asl delle regioni italiani hanno permesso di creare una mappa, spiega Esposito:

“In alcuni casi la connessione tra numero di pazienti trattati ed esiti è impressionante. Per esempio per l’«aneurisma dell’aorta addominale non rotto» nel 2011 sono state curate in Italia 7392 persone, delle quali 139 sono decedute entro 30 giorni. Gli insuccessi, insomma, sono meno del 2% tuttavia nelle strutture della Campania che hanno trattato meno di 50 casi la mortalità sale oltre il 6%. In altre regioni, come il Lazio, il rapporto diretto tra numero di interventi ed esito appare meno stringente”.

Altro esempio di intervento è l’artroscopia al ginocchio:

“L’intervento di artroscopia al ginocchio, con 105.260 interventi in Italia ed esiti negativi (cioè la necessità di un secondo intervento entro sei mesi) pari all’1,48%. Nel Lazio la struttura più specializzata è l’Icot di Latina con 944 interventi e insuccessi al 2,12% mentre al Padre Pio di Bracciano – uno dei piccoli ospedali italiani – nel 2011 ci sono stati solo 23 interventi con il 4,35% di insuccessi. In Campania la struttura più attiva è il San Michele di Maddaloni con 527 casi trattati e un lusinghiero 1,14% di insuccessi mentre a pochi chilometri l’ospedale di Marcianise ha trattato 12 casi fallendone uno, con uno score negativo dell’8,33% mentre spicca anche la clinica privata Malzoni di Agropoli – cittadina dove l’ospedale pubblico è stato chiuso – con 425 interventi e l’1,88% di insuccessi”.

Un intervento come la colecistectomia laparoscopica nelle grandi strutture mostra tassi di insuccessi molto bassi, ma esistono sempre le eccezioni:

“Strutture di grandi dimensioni come l’Umberto I di Roma o il Monaldi di Napoli trattano centinaia di casi (per la precisione 474 per l’ospedale romano e 279 per quello partenopeo) con una quota di insuccessi molto sotto la media nazionale e cioè lo 0,67% per l’Umberto I e lo 0,72% per il Monaldi mentre al Gemelli con 539 interventi le complicanze sono in media nazionale: 2,23%”.

Altro evento rischioso è l’ictus, che ha un tasso di mortalità entro 30 giorni dal ricovero pari all’11,51% su su 65.331 casi registrati nel 2011, spiega Esposito:

“Sono sotto la media strutture ospedaliere che fronteggiano centinaia di casi come Tor Vergata a Roma (313 pazienti e 9,27% di decessi); Sant’Anna e San Sebastiano a Caserta (407 e 6,63%); San Giovanni di Dio a Salerno (307 casi e 4,23%) mentre il Rummo di Benevento con 392 casi e 14,54% di mortalità è poco sopra la media italiana”.