Infarto e meteo: scoperta una correlazione. Come prevedere il rischio

di redazione Blitz
Pubblicato il 16 Settembre 2019 - 11:00 OLTRE 6 MESI FA
Infarto

(Foto Ansa)

LATINA – Freddo, umidità e poca pioggia in inverno e caldo in estate aumentano le probabilità di infarto. Queste sono le conclusioni di uno studio condotto dai ricercatori dell’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, che hanno analizzato il legame tra meteo e rischi per il cuore. 

Secondo quanto emerso dallo studio, pubblicato sull’International Journal of Cardiology, sarebbe persino possibile prevedere con anticipo i giorni considerati più a rischio infarto, e così lo si potrebbe prevenire. 

I ricercatori, coordinati dal Professor Francesco Versaci, per cinque anni hanno seguito 5mila pazienti che erano stati colpiti da infarto miocardico acuto ed erano stati trattati con angioplastica primaria. Nello studio è stato in particolare analizzata la correlazione tra infarto e variabili climatiche come temperatura, umidità, pioggia e pressione atmosferica.

“L’incidenza di infarto ha una distribuzione circadiana e stagionale – ha spiegato il professor Versaci – la rottura o l’erosione della placca aterosclerotica sono le cause patogenetiche principali, ma diversi fattori scatenanti ne sono coinvolti. Tra questi il clima ha un impatto significativo sul rischio. Esistono delle complesse interazioni stagionali: basse temperature, maggiore umidità e giornate meno piovose in inverno e temperature più elevate in estate aumentano la probabilità di infarto”.

Sotto accusa sono soprattutto le brusche riduzioni della pressione atmosferica che possono con giorni di anticipo evidenziare una maggiore incidenza di infarto in tutte le stagioni dell’anno. “Tali risultati – ha sottolineato Versaci – hanno importantissime implicazioni sulle strategie terapeutiche dei pazienti: riuscire a prevedere con anticipo i giorni considerati con ‘bollino rosso’ per infarto offre la possibilità di prevenzione dei pazienti a maggior rischio di accidenti cardiovascolari e ulteriori possibilità organizzative per il sistema dell’emergenza sanitaria”. (Fonte: Quotidiano Sanità)