Intestino “pigro”? Ne soffre l’80% delle donne. Ecco diagnosi e rimedi

Pubblicato il 7 Maggio 2012 - 16:07 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – L’intestino pigro è un disturbo invalidante ed imbarazzante che colpisce l’80 per cento delle donne. La stitichezza cronica colpisce il 20 per cento della popolazione e può condizionare le attività quotidiane e lavorative, come spiega il Corriere in un dossier sulla salute. Le cause più frequenti sono una dieta non bilanciata, la sedentarietà, i viaggi, lo stress, la gravidanza e malattie come il diabete o il morbo di Parkinson. Le donne sono le più colpite per gli effetti dell’ormone progesterone, che rende l’intestino meno capace di movimenti peristaltici necessari all’evacuazione. Il disturbo non provoca solo danni fisici, ma anche economici: peggiora infatti la qualità del lavoro a causa del malessere. I rimedi restano una dieta ricca di fibre, bere molta acqua e l’attività fisica. Ma se il disagio è di grave entità, ricorrere a lassativi e clisteri, sotto l’indicazione del medico, rimane la soluzione migliore.

LA DIAGNOSI – Vincenzo Stanghellini, direttore del Dipartimento di Medicina interna e gastroenterologia del Policlinico universitario di Sant’Orsola di Bologna, ha spiegato: “Innanzitutto è bene sgombrare il campo dall’equivoco più frequente sull’argomento. Si parla di stitichezza cronica non solo quando il numero di evacuazioni è inferiore alle tre a settimana, come molti ancora credono. Ci sono pazienti che soffrono di stipsi e vanno in bagno anche tre volte al giorno”. La diagnosi di stipsi dunque non riguarda la quantità, ma la qualità, come spiega Stanghellini. “Si fa diagnosi di stipsi cronica se in almeno un’evacuazione su quattro si avvertono fastidi come feci dure e aride, sforzo eccessivo, sensazione di svuotarsi in modo incompleto o un’impressione di ostruzione e pesantezza al’addome che viene solo in parte risolta dalla defecazione”.

QUALITA’ DELLA VITA – Una vita non facile secondo l’indagine della Doxa per chi soffre di questo disturbo, che viene aggravata da stili di vita sempre più frenetici, con i pazienti intervistati che giudicano “non buona” la propria salute. Rosario Cuomo, docente di gastroenterologia dell’Università Federico II di napoli, ha spiegato. “Moltissimi fanno fatica a gestire la loro vita e il problema arriva a condizionarli nella quotidianità, provocando un disagio emotivo che instaura un circolo vizioso e peggiora ulteriormente la situazione”.

Per Cuomo infatti la vita sociale risente fortemente del disagio: “Si tratta di persone che si assentano dal lavoro o vanno in ufficio pur sentendosi male, e che per questo producono di meno -e aggiunge – . L’indagine ad esempio ha stimato che i pazienti con stipsi perdono in media da 1 a 4 ore di lavoro a settimana, a seconda della gravitò del disturbo, e che una stitichezza di grado lieve comporta una riduzione del 20 per cento della capacità lavorativa, che arriva al 35 per cento nei casi più gravi”.

L’ERRORE – Guido Basilisco, gastroenterologo all’Ospedale maggiore Policlinico di Milano, ha osservato: “Bisognerebbe evitare di banalizzare il disturbo, sopportando i fastidi senza intervenire o provando e riprovando cure fai da te. Spesso e volentieri nella stipsi cronica si “scivola” per trattamenti inadeguati o comportamenti sbagliati, come non andare in bagno quando si ha lo stimolo perché non si può o si ha fretta per altri motivi”.

CHI NE SOFFRE – A soffrire di questo disturbo sono l’80 per cento delle donne ed il 20 per cento degli uomini. Anche l’età rappresenta un fattore importante per la diagnosi di stipsi cronica. Il 21 per cento dei pazienti ha un età compresa tra i 41 ed i 50 anni, le percentuali si abbassano al 19 per cento per età comprese tra i 51 ed i 60 anni, fino al 16 per cento per le fasce di età rispettivamente tra i 31 ed i 40 anni e tra i 61 ed i 70 anni. Il 14 per cento dei malati ha meno di 30 anni, ed un altro 14 per cento ha un età superiore ai 70 anni.

I RIMEDI– Le soluzioni sempre valide ed a cui la maggior parte dei pazienti si affidano sono i lassativi ed i clisteri, ma i medicinali non sempre sono una risposta. Per rimettere in movimento l’intestino però sono necessarie acqua, un’alimentazione ricca di fibre e l’attività fisica. Il dottor Cuomo comunque precisa l’errore più comune: “Attenzione: molti fanno l’errore di riempirsi di fibre senza bere a sufficienza. In questo modo, paradossalmente, si può favorire la stitichezza: il volume facilita la peristalsi, ma se le feci non sono morbide e idratate il transito intestinale è comunque difficile”.

L’incremento delle fibre, secondo alcuni studi, sarebbe dunque un rimedio efficace per appena 1 paziente su 5. Anche i fermenti lattici possono aiutare, sebbene non vi siano ancora prove definitive sulla loro capacità di regolarizzare il movimento intestinale., ma gli studi sull’argomento si mostrano promettenti. Il consiglio dei medici è comunque quello di limitare nella dieta i cibi elaborati o industriali ad alto contenuto di grassi, “colpevoli” di rallentare il movimento intestinale e produrre feci poco voluminose. Se si decide di ricorrere ai lassativi, meglio scegliere gli osmotici che stimolano la regolare attività, piuttosto che quelli che “irritano” le pareti dell’intestino.

E proprio su questo chiarisce i dubbi Basilisco: “I lassativi possono servire per evitare di bloccarsi per diversi giorni consecutivi. Una buona regola è prendere il lassativo osmotico alla sera, per far sì che il massimo effetto ci sia al mattino, quando lo stimolo è naturalmente maggiore. Però non bisogna abusarne e occorre chiedere consiglio al medico se non ci sono miglioramenti. Si tratta infatti di farmaci – sottolinea Basilisco – sicuri se vengono presi alle dosi e nei tempi consigliati: c’è invece chi assume anche 10 o 20 volte la quantità opportuna”.

Basilisco poi spiega che si tratta di “un serio errore”: “Se il lassativo non funziona, occorre cambiare approccio, non prendere più farmaco. Tra l’altro è bene sfatare il mito che bisogna andare in bagno ogni giorno: può essere sufficiente anche a giorni alterni”.