Affaticamento, difficoltà respiratorie, deterioramento cognitivo, debolezza muscolare e dolori articolari. Quando questi sintomi, dopo un contagio, continuano a perdurare nel tempo allora si può parlare di Long Covid.
Un team di ricerca guidata da Onur Boyman, immunologo dell’Università e dell’Ospedale universitario di Zurigo, ha ora analizzato la storia della malattia di 175 soggetti risultati positivi nella prima ondata. Altri 40, senza contatti rilevabili con il SARS-CoV-2, sono invece serviti come gruppo di controllo.
E il team di immunologi avrebbe scoperto i segnali nel sangue che potrebbero predire lo sviluppo della malattia. Delle vere e proprie firme nel sistema immunitario.
Il ruolo delle immunoglobuline M
Secondo lo studio gli anticorpi rilevanti per il Long Covid sono le immunoglobuline M che, dicono gli scienziati, “giocano un ruolo importante soprattutto all’inizio dell’infezione. I soggetti colpiti da questa patologia hanno anche concentrazioni più basse di immunoglobuline G3, fondamentali per combattere il virus”.
Le parole del professor Onur Boyman
“Non si tratta di una difesa specifica contro il coronavirus, ma piuttosto di anticorpi diretti contro una vasta gamma di patogeni – ha affermato Boyman all’agenzia Keystone-ATS -.I livelli delle diverse classi mostrano come il corpo affronti in generale le infezioni. I risultati suggeriscono dunque che una delle cause del Long Covid potrebbe essere una risposta immunitaria dell’organismo mal indirizzata”
“Questo – spiega – apre la porta a trattamenti mirati, come la somministrazione di alcune immunoglobuline» o di farmaci specifici”.