Lotta all’obesità, persa in partenza: il corpo cerca di rimanere grasso

Pubblicato il 3 Gennaio 2012 - 10:44 OLTRE 6 MESI FA

Lapresse

ROMA – La lotta contro l’obesità ed il sovrappeso è persa in partenza. Uno studio preliminare sull’obesità ha dimostrato che, una volta perso il peso in eccesso, il fisico lotta per riguadagnare i chili perduti. Alimentazione corretta e attività fisica permettono di perdere quei chili di troppo che la biologia aiuterà inevitabilmente a recuperare. Per quanto minimo sia l’apporto calorico della dieta, nei muscoli si attiva un meccanismo di “difesa” che fa bruciare meno calorie. Inutili dunque chewing gum  per dimagrire e piatti parlanti contro gli ormoni che ordinano al metabolismo di rallentare se si perde peso. Ma rimanere obesi o in sovrappeso è un rischio per la salute, con studi che confermano l’atrofizzazione del cervello e il rischio di numerose patologie cardiovascolari e metaboliche quali il diabete.

Joseph Proietto, medico dell’università di Melbourne ed autore dello studio che da 15 anni lavora con persone che tentano di perdere peso, ha detto: “L’ho sempre trovato strano. Lavoro con persone davvero motivate nel perdere peso, che raggiungono  l’obiettivo spesso senza troppi problemi e poi, inevitabilmente e gradualmente, riprendono i chili persi”. La ricerca di Proietto ha evidenziato, su un campione di 50 soggetti, un alterazione biologica dopo il dimagrimento. Il corpo reagisce producendo un incremento del 20 per cento dell’ormone grelina, associato allo stimolo della fame, un abbassamento della leptina, ormone che diminuisce il senso della fame ed aumenta la spesa energetica, ed una diminuzione della YY peptide, un altro ormone che riduce l’appetito.

“Ciò che abbiamo osservato è un meccanismo di difesa coordinato con più componenti volte a recuperare il peso perso. Credo sia questo il motivo dell’alto tasso di fallimento nel trattamento dell’obesità”, ha spiegato Proietto. La ricerca pubblicata sul The New England Journal of medicine, che richiede però ulteriori conferme, ha aperto la strada ad un nuovo approccio al trattamento di questa patologia la cui componente genetica era già nota dalla scoperta del ruolo dell’Fto e dell’ereditarietà del sovrappeso dallo sperma paterno.