Rezza (Iss): “Aria condizionata e coronavirus? Non c’è alcuna correlazione”

di FIlippo Limoncelli
Pubblicato il 4 Maggio 2020 - 15:48 OLTRE 6 MESI FA
Rezza (Iss): "Aria condizionata e coronavirus? Non c'è alcuna correlazione"

Rezza (Iss): “Aria condizionata e coronavirus? Non c’è alcuna correlazione”

ROMA – “E’ stato ipotizzato che l’aria condizionata possa aerosolizzare il virus e trasmetterlo a distanza ma questo non è assolutamente provato”.

Così Giovanni Rezza, direttore dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), durante la trasmissione Agorà, su Rai Tre, ha spiegato che non c’è alcuna correlazione tra aria condizionata e coronavirus.

Al massimo può fare da “effetto vento e spingere goccioline di saliva all’interno di un ambiente chiuso”.

Alcuni giorni fa, spiega, “è stato pubblicato un articolo sulla rivista americana, Emerging Infectious Diseases, dal titolo fuorviante, ovvero ‘Trasmissione del virus attraverso l’aria condizionata’.

In realtà dai risultati si è visto che, all’interno di un ambiente chiuso dove due famiglie erano sedute a circa un metro di distanza, l’aria condizionata aveva fatto da vento, spostando le goccioline di saliva di poco più di un metro.

Ma si tratta di un caso eccezionale, non è stata l’aria condizionata in sé a trasmettere il virus.

Perché il virus si trasmette per contatti ravvicinati tra persone”.

Giovanni Rezza poi ha commentato così le affermazioni di colleghi che prevedono che il virus a giugno sarà morto.

“Se ci sono colleghi stimati che hanno dono della preveggenza, benissimo. Se morirà a giugno faremo una grande festa.

Anche io vorrei che scomparisse ma non credo questo sogno possa realizzarsi molto presto.

Dobbiamo quindi raddoppiare, triplicare gli sforzi per arginarne la diffusione”.

Lo stato d’animo nel primo giorno della Fase 2, riassume, è di “preoccupazione”.

“Se da una parte c’è bisogno di riaprire il Paese, vediamo anche che questo virus sta ancora circolando”.

“I cittadini, quindi, – aggiunge Rezza – devono aver comportamenti responsabili: distanziamento, lavaggio delle mani, mascherine in luoghi pubblici.

Dall’altra parte la sanità pubblica deve esser pronta a intercettare a livello territoriale un possibile ritorno in campo del virus”.

“Per evitare un secondo lockdown, che sarebbe un disastro per il Paese, dobbiamo mantenere comportanti responsabili e agire tempestivamente nel contenere i focolai sul territorio.

Convivere col virus significa anche continuare a combatterlo” aggiunge Rezza.

L’aumento delle terapie intensive era “un atto dovuto, ma il fatto di averne di più ora non significa che dobbiamo riempirle.

La Germania che ne ha molti più di noi, ma fa in modo che le persone non ci arrivino.

Per farlo serve un grande lavoro sul territorio”, ovvero “individuare casi, rintracciare contatti, testarli anche da asintomatici”.

Rispetto alla diversità regionali nelle riaperture: “Un provvedimento nazionale serve” ma “adattamenti a livelli regionali di un provvedimento nazionale sono la cosa più giusta” e ci sono “sempre stati in questo paese”. (fonte ANSA)