Schizofrenia: chi fuma marijuana ha un rischio 4 volte maggiore di averla

Pubblicato il 12 Luglio 2012 - 13:25 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Rischio schizofrenia per i fumatori di marijuana e hashish? Sembrerebbe di sì da una ricerca svedese basata su uno studio di 35 anni: il risultato sarebbe che il rischio di schizofrenia è ben 4 volte superiore per coloro che fanno uso delle cosiddette “droghe leggere”. ”Per l’ennesima volta si dimostra – ha dichiarato Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento Politiche Antidroga – ciò che anche la Società Italiana di Psichiatria ha segnalato più volte e cioè l’estrema pericolosità di questa sostanza e dei suoi derivati fortemente e erroneamente sottostimata soprattutto perchè in grado di compromettere il regolare sviluppo cerebrale negli adolescenti e causa della comparsa della slatentizzazione e di importanti patologie psichiatriche quali appunto la schizofrenia”.

Lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Psychological Medicine, ha preso in esame ben 50.087 uomini svedesi, il numero di soggetti inclusi nell’analisi finale sono stati 41.943. Stimando l’incidenza dei disturbi psicotici e confrontati tra coloro che hanno avuto una storia di consumo di cannabis è stato individuato un totale di 322 casi di schizofrenia, 149 di psicosi breve e 126 di altre psicosi non affettive.

”Questo Dipartimento – prosegue Serpelloni – ha più volte ribadito che i cannabinoidi esogeni e cioè quelli che si trovano nella cannabis e nei suoi derivati interagiscono pesantemente con specifici recettori (CB1) presenti in quelle regioni cerebrali coinvolte nella schizofrenia. E’ stata infatti verificata una maggiore densità di tali recettori in aree cerebrali coinvolte nella schizofrenia, tra cui la corteccia prefrontale dorso laterale e la corteccia cingolata anteriore”.

”Tutte aree – aggiunge – estremamente importanti anche per le funzioni del controllo volontario dei comportamenti e della capacità di percepire ed interpretare la realtà. Ricordiamo che i principi attivi della cannabis e dei suoi derivati sono in grado di produrre nel tempo alterazioni della memoria, delle funzioni cognitive superiori quali l’attenzione, compromettendo quindi l’apprendimento e i tempi di reazione”