Sedazione palliativa profonda: cos’è, chi può averla. Non è eutanasia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Febbraio 2017 - 10:51| Aggiornato il 5 Gennaio 2018 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Sedazione palliativa profonda: cos’è, chi può accedervi. Non è eutanasia. La scelta di Dino Bettamin, malato terminale di sclerosi multipla che stanco di lottare ha deciso di andarsene facendosi addormentare, non è una forma di eutanasia. Tecnicamente, è ricorso con pieno diritto alla “sedazione palliativa profonda”, un trattamento sanitario autorizzato dalla legge e regolato secondo le istruzioni del Comitato Nazionale di Bioetica che consente ai malati terminali di scongiurare ulteriori sofferenze.

La sedazione è un atto terapeutico, stabilisce il Comitato di Bioetica, volto ad alleviare o eliminare lo stress e la sofferenza, mentre l’eutanasia consiste nel somministrare farmaci per provocare, con il consenso del paziente, la sua morte immediata.

E, infatti, il Comitato ha accuratamente evitato l’uso dell’espressione “sedazione terminale”, perché ambigua e imprecisa e ha proposto invece “sedazione palliativa profonda continua nell’imminenza della morte”, per indicare la somministrazione intenzionale di farmaci, alla dose necessaria richiesta, per ridurre il livello di coscienza fino ad annullarla, al fine di alleviare o abolire la percezione di un sintomo altrimenti intollerabile per il paziente nell’imminenza della morte.

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Durante il trattamento, se il paziente lo richiede, il medico può smettere di alimentarlo artificialmente o interrompere le terapie: il decesso giunge da sé, senza che si possano rintracciare i profili dell’eutanasia.  E’ indispensabile la verifica della mancata risposta dei sintomi alle terapie, e un uso proporzionale e monitorato dei farmaci. Se il paziente rifiuta un trattamento sanitario o tecniche strumentali di sostegno delle funzioni vitali, ha comunque il diritto alla terapia del dolore e alla sedazione profonda continua.

Chi ha diritto ad accedere alla sedazione. Attualmente solo il 30% dei pazienti oncologici (dati Fondazione cure palliative) accede al trattamento di sedazione cui avrebbe diritto, anche se il maggior consumo di oppiacei segnala un miglioramento.

La legge, in attesa che il Parlamento licenzi finalmente un testo definitivo e organico sul “fine vita”, consente di accedere alla sedazione profonda quando ricorrano queste condizioni:

  • malattia inguaribile in stato avanzato;
  • morte imminente;
  • sintomi dolorosi;
  • gravi crisi respiratorie;
  • delirio o stress psicologico;
  • refrattarietà alle cure;
  • consenso informato del paziente.