Non studiano, non lavorano, non riescono ad andare via da casa e se cercano di farlo sono in difficoltà. La crisi ha tarpato le ali ai giovani e l’Italia si è aggiudicata il primato europeo: i Neet (Non in education, employment or training) sono oltre 2 milioni. Per questo, ha il primato europeo. E’ questa l’immagine del nostro Paese dipinta dall’Istat che fa l’ identikit dei soggetti tipo: generalmente maschi, di un’età compresa fra i 15 e 29 anni (il 21,2% di questa fascia di età), e a rischio esclusione. Spesso tutto comincia perché perdono il lavoro e non riescono a trovarne un altro e sale la sfiducia.
Quelli che non fanno nulla sono il 65,8% dei ragazzi e nel 2009 sono aumentati causa collasso economico: 126 mila in più, concentrati al nord (+85 mila) e al centro (+27 mila). L’esercito dei nullafacenti purtroppo però risiede nelle Regioni meridionali, dove ci sono oltre un milione di giovani inattivi. Essere un Neet oggi però non significa non avere voglia di lavorare o studiare: tra loro ci sono anche laureati (21% della classe di età) e diplomati (20,2%). L’Ocse aveva già suonato l’allarme nel 2007 : l’Italia già registrava il 10,2% di Neet contro il 5,8% dell’Ue.eTra il primo trimestre del 2008 e lo stesso periodo del 2009 la probabilità di rimanere nella condizione di Neet è stata del 73,3% (l’anno precedente era il 68,6%), con valori più elevati per i maschi residenti al nord.
Sfiducia e malessere si spostano anche sul piano familiare. Se prima nel mirino c’erano i bamboccioni per scelta che restavano sotto il tetto di mamma e papà anche dopo i trenta, ora ci sono i giovani conviventi con i genitori per obbligo, perché non sanno dove andare e come mantenersi. I 30-34enni che rimangono in famiglia sono quasi triplicati dal 1983 (dall’11,8% al 28,9% del 2009). Rilevante è anche la crescita dei 25-29enni, dal 34,5% al 59,2%. I celibi e le nubili fra i 18 e 34 anni che vivono con i genitori sono passati dal 49% al 58,6%.
Dal 2003 al 2009 sono calati di ben nove punti i giovani (18-34 anni) che per scelta vogliono vivere nella casa dei genitori: la prolungata convivenza dei figli con genitori dipende soprattutto da questioni economiche (40,2%) e dalla necessità di proseguire gli studi (34%); la scelta vera e propria arriva solo come terza battuta (31,4%), era la prima qualche anno fa. In particolare, la percentuale di giovani che dichiara di voler uscire dalla famiglia di origine nei prossimi tre anni cresce dal 45,1% del 2003 al 51,9% del 2009, aumentando di più tra i 20-29 anni che tra i 30-34 anni. Il calo è registrato soprattutto nelle zone più ricche del Paese (-16 punti nel nord-est e -13 nel nord-ovest), dove c’erano più bamboccioni.