ROMA – Le misure dell’eco del Big Bang sono da rifare. La polvere interstellare ha “sporcato” i risultati ottenuti dall’esperimento Bicep2, il radiotelescopio installato in Antartide. L’errore è stato scoperto dai dati raccolti dal satellite Planck dell’Agenzia spaziale europea, Esa.
Era lo scorso marzo quando i ricercatori impegnati nell’esperimento Bicep2 presentarono i primi dati sulla “inflazione cosmica”, il processo di rapidissima espansione dell’universo, una sorta di eco del Big Bang. A spiegare l’errore, dopo aver analizzato i risultati di Planck, è Paolo De Bernardis, coordinatore de team di ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, composto da Silvia Masi, Francesco Piacentini, Luca Pagano e Alessandro Melchiorri.
I nuovi dati, già disponibili sul sito ArXiv, saranno pubblicati sulla rivista Astronomy and Astrophysics, spiega De Bernardis:
“Il telescopio spaziale Planck ha misurato l’effetto della polvere interstellare, dimostrando che le misure di Bicep2 non sono dovute all’inflazione cosmica. Abbiamo visto che il segnale di Bicep2 non è genuinamente primordiale, ma è prodotto per la maggior parte nella nostra galassia. Non è stata osservata l’inflazione cosmica”.
Il ricercatore ha poi aggiunto:
“E’ un peccato, ma quando si fanno misure così importanti e diffuse ci vuole prudenza nell’interpretarle. La misura fatta da Bicep2 è corretta, ma l’origine dell’emissione misurata è dovuta ai granelli della polvere interstellare”.
I risultati di Bicep2, sebbene “sporcati” dalla polvere interstellare, non sono certo da buttare: i dati di Planck hanno messo in evidenza come l’esperimento abbia sottostimato la quantità di polvere, ma costituiscono un punto di partenza importante.
Combinando infatti i risultati di Bicep2 e i dati di Planck sarà possibile individuare le regioni più “pulite”, cioè dove il mezzo interstellare è meno intenso, regioni in cui potrà riprendere la caccia alle onde gravitazionali per poter così “ascoltare” l’eco del Big Bang.