Cucchi: “Un po’ di zucchero poteva salvarlo”. Ma dai medici solo un certificato di morte falso

Pubblicato il 30 Aprile 2010 - 11:59 OLTRE 6 MESI FA

La sorella di Stefano, Ilaria Cucchi e Luigi Mancone

Un po’ di zucchero poteva salvare Stefano Cucchi, ma i medici i quello zucchero, un cucchiaino, non l’hanno somministrato. Non solo, c’è un certificato di morte, redatto dal medico di turno del Sandro Pertini  Flaminia Bruno che è falso. C’è scritto morte naturale ma la morte è “ricollegabile a un traumatismo fratturativo di origine violenta, che imponeva la messa a disposizione della salma all’autorità giudiziaria”.

Cadono le accuse di omicidio preterintenzionale e colposo per gli agenti coinvolti nel presunto pestaggio di Stefano Cucchi e per i medici del reparto penitenziario del Pertini. Ma dal capo di imputazione dei pm romani che indagano sulla morte del giovane geometra avvenuta il 22 ottobre scorso si legge che per salvare Stefano “sarebbe bastato somministrare un semplice cucchiaino di zucchero” che, però, medici e infermieri “non somministrarono appositamente”.

Gli indagati che ora rischiano il processo sono 13: sei medici del Pertini (Aldo Fierro, Silvia Di Carlo, Bruno Flaminia, Stefania Corbi, Luigi De Marchis Preite, Rosita Caponetti), 3 infermieri (Giuseppe Fluato, Elvira Martelli e Domenico Pepe), 3 guardie carcerarie (Minichini Nicola, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, e un funzionario del provveditorato regionale amministrazione penitenziaria (Claudio Marchiandi).

Le accuse formulate dalla procura di Roma ai 13 indagati per la morte di Cucchi sono infatti: lesioni e abuso di autorità per i tre agenti penitenziari accusati del presunto pestaggio; favoreggiamento, abbandono di incapace, abuso d’ufficio e falsità ideologica, a seconda delle singole posizioni, per dieci tra funzionari della pubblica amministrazione, medici ed infermieri dell’ospedale Sandro Pertini in cui il geometra romano morì il 22 ottobre scorso, una settimana dopo il suo arresto per possesso di droga.

I pubblici ministeri Vincenzo Barba e Francesca Loi hanno depositato oggi gli atti del procedimento in base a quanto previsto dall’art. 415 bis del codice di procedura penale.

Si tratta della procedura che anticipa la richiesta di rinvio a giudizio degli indagati.

I magistrati, alla luce delle risultanze peritali, hanno modificato le originarie ipotesi di accusa che erano di omicidio preterintenzionale per gli agenti ritenuti responsabili del presunto pestaggio avvenuto il 16 ottobre in una cella di sicurezza del Tribunale di Roma, e di omicidio colposo per i medici del reparto penitenziario del Sandro Pertini in cui fu ricoverato Stefano Cucchi.

Dal capo d’imputazione dei pm romani emerge che per salvare Cucchi “sarebbe bastato somministrare un semplice cucchiaino di zucchero”. Tra le varie omissioni contestate a cinque medici e tre infermieri dell’ospedale Pertini c’è quindi una che riguarda la mancata somministrazione di zucchero al paziente. Gli indagati omettevano “volontariamente di adottare qualunque presidio terapeutico al riscontro di valori di glicemia ematica- si legge- pari a 40 mg/dl rilevato il 19 ottobre pur essendo tale valore al di sotto della soglia ritenuta dalla letteratura scientifica come pericolosa per la vita”.

Secondo i pm non si è intervenuto “neppure con una semplice misura quale la somministrazione di un minimo quantitativo di zucchero sciolto in un bicchiere d’acqua che il paziente assumeva regolarmente, misura questa idonea ad evitare il decesso”. I medici, inoltre, non hanno effettuato un elettrocardiogramma “che appariva assolutamente necessario” omettendo anche di effettuare “una semplice palpazione del polso” per controllare “l’evoluzione della bradicardia”.

Gli indagati hanno omesso di “comunicare al paziente l’assoluta necessità di effettuare esami diagnostici essenziali alla tutela della sua vita” e non non hanno controllato “il corretto posizionamento o l’occlusione del catetere” causando un forte accumulo di urina nella vescica del giovane.

Il procuratore capo di Roma, Giovanni Ferrari, che insieme ai pm ha firmato l’atto di conclusione delle indagini sulla morte di Cucchi ha detto: “L’abbandono di persona incapace aggravato dalla morte è un reato doloso di competenza della corte D’assise: una fattispecie ben più grave e seria dell’omicidio colposo che, in quanto tale, è di competenza del Tribunale. Abbiamo contestato ad alcuni degli indagati, un reato che è punito dai tre agli 8 anni di reclusione”.

Legali Cucchi. “Noi siamo molto soddisfatti dell’attività investigativa dei pm: il reato di abbandono di incapace è terribile, peggio dell’omicidio colposo”. L’avvocato della famiglia Cucchi Fabio Anselmo commenta così a CnRmedia la chiusura delle indagini sulla morte di Stefano Cucchi.

“Siamo molto soddisfatti – aggiunge – a prescindere dalla qualificazione giuridica del ruolo delle guardie carcerarie sulla quale noi argomenteremo in seguito, perché riteniamo che Stefano non sarebbe morto se non fosse stato picchiato. Il quadro che emerge dal capo di imputazione questo: Stefano è morto dopo essere stato pestato ed è morto in una condizione terribile: il capo di imputazione è terribile”.

Il fatto che siano sparite le accuse di omicidio per il legale dei Cucchi non è un problema fondamentale: “Così è anche peggio, non è vero che l’omicidio cade. L’omicidio c’é e in conseguenza dell’abbandono totale di una persona che era sotto custodia”.