I Neanderthal vivono in noi: sequenziato il genoma dell’ominide

Pubblicato il 7 Maggio 2010 - 12:41 OLTRE 6 MESI FA

C’è un po’ di uomo di Neanderthal in noi. A dimostralo è il sequenziamento di una buona parte del genoma dell’uomo di Neanderthal realizzato dai ricercatori del Max-Planck Institut per l’antropologia evoluzionistica, a Lipsia, diretti da Svante Paabo, che pubblicano i risultati della loro ricerca in due articoli si Science.

I primi esseri umani moderni e i Neanderthal si sono dunque incrociati e una piccola parte del genoma di questi ultimi è ancora presente in molte persone che vivono al di fuori dell’Africa: secondo le stime di Paabo e collaboratori dall’uno al quattro per cento del genoma di molte persone deriva dai Neanderthal.

Questo lavoro pone fine a una lunga controversia sul possibile incrocio fra le due specie, Quanti sostenevano la netta separazione fra i due rappresentanti del genere Homo, avevano portato a sostegno delle proprie tesi anche precedenti ricerche condotte proprio da Svante Paabo, che nel sequenziamento del DNA mitocondriale dei Neanderthal eseguito pochi anni fa non aveva trovato alcuna traccia del possibile mescolamento.

I sostenitori della tesi opposta si basavano invece sia sulla sovrapposizione geografico-temporale delle due specie sia su alcuni riscontri di carattere fisico-antropologico.

I ricercatori hanno anche cercato di scoprire i geni che distinguono gli umani moderni dai loro più stretti parenti e che possono aver dato loro alcuni vantaggi evolutivi, individuando per esempio differenze in alcuni geni correlati alle funzioni cognitive, al metabolismo e allo sviluppo della cassa toracica e alla clavicola, “ma – avvertono – sono necessarie analisi molto più dettagliate per trarre delle conclusioni sulla possibile effettiva influenza di questi geni”.

Il sequenziamento si è basato sull’analisi di oltre un miliardo di frammenti di DNA ricavati da diverse ossa di Neanderthal rinvenute in Croazia, in Russia e in Germania. Una fase particolarmente delicata dell’analisi ha riguardato lo sviluppo di tecniche che permettessero di distinguere il DNA dell’uomo di Neandertal da quello di micorganismi che potevano averlo contaminato.

Alla fine i ricercatori di Lipsia sono stati in grado di ricostruire il 60 per cento circa dell’intero genoma dell’uomo di Neanderthal.