LISA ‘ascolterà’ i suoni remoti dell’universo: entro il 2020 misurazione diretta delle onde gravitazionali

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 29 Novembre 2010 - 04:13| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

LISA

Immaginando un viaggio spaziale nelle remote regioni dell’universo si potrebbe pensare di non aver altro da ascoltare se non il silenzio di un luogo immenso e vuoto. In verità le stelle hanno un ‘suono’ caratteristico a cui gli scienziati Nasa tendono l’orecchio, o meglio tendono LISA (Laser Interferometer Space Antenna), un sistema di laser in fase di studio e frutto di una collaborazione con l’ESA (European Space Agency).

La sinfonia che al JPL (Jet Propulsion Laboratory) di Pasadena si vuole ascoltare rappresenta la prova diretta dell’esistenza delle onde gravitazionali, predette da Albert Einstein agli inizi del ‘900 nella teoria della relatività generale. Le onde hanno generalmente bisogno di un mezzo in cui propagarsi, infatti mentre le onde sonore si propagano nell’aria, che è assimilabile a un fluido, quelle elettromagnetiche, come le onde luminose, si propagano nello spazio.

Le onde gravitazionali, invece, si propagano nello spazio-tempo modificandone la geometria, e come si può dedurre dal nome sono originate da effetti gravitazionali esercitati da grandi masse, che esercitando delle forze di attrazione creano dei punti di riferimento in cui lo spazio-tempo comincia a vibrare, dando origine all’onda. Sistemi di stelle binarie, pulsar, buchi neri in vibrazione, galassie in formazione, esplosioni di supernovae: le sorgenti di tali onde sono molte nell’universo ed ognuna di esse presenta un ‘timbro’ caratteristico che ne permette un’identificazione univoca.

Il problema nell’ottenere misurazioni dirette di queste onde è dovuto alla necessità di costruire strumenti molto sensibili, ecome ha spiegato Bill Klipstein, un fisico del JPL e coautore dell’articolo pubblicato sul Physical Review Letters circa i test effettuati: “Per rivelare le onde gravitazionali dobbiamo effettuare misurazioni estremamente precise. I nostri laser producono un rumore di fondo più forte del segnale stesso che si vuole misurare, quindi dobbiamo rimuovere quel rumore per ottenere un segnale chiaro: è come ascoltare il rumore di una piuma che cade nel mezzo di una violenta tempesta”.

Per ascoltare questi rumori a Pasadena è stata progettata un’interferometro costituito da tre distinti satelliti disposti in una struttura triangolare e connessi tra loro da un fascio laser. Ogni satellite ha all’interno un cubo di platino ed oro che fluttua liberamente nello spazio che al passaggio di un’onda gravitazionale si distanziano, deviando il fascio laser, muovendosi “come delle paperelle di gomma in una vasca fa bagno”, ha spiegato Glenn de Vine, altro coautore dello studio redatto dal JPL.

Il funzionamento di LISA si basa sulla tecnica dell’interferometria, un processo che è assimilabile alla combinazione delle onde dell’oceano, che a volte si accumulano in fase diventando più grandi, altre si annullano a vicenda azzerando il segnale. Vine ha motivato l’utilizzo dei laser spiegando che “le lunghezze d’onda del laser sono come delle tacche su un metro a nastro”, dove le tacche corrispondono a variazioni di distanze 100 milioni di volte più piccole del metro, mentre i satelliti sono disposti a circa 5 milioni di chilometri tra di loro, cioè si vuole misurare qualcosa di miliardi di volte più piccolo della strumentazione in gioco.

Isolare questo segnale è un compito arduo e da anni a Pasadena gli scienziati lavorano per isolare il debole segnale, altrimenti coperto da segnali prodotti dalla strumentazione stessa. Introducendo dei rumori casuali nei laser è stato elaborato un procedimento di elaborazione dei dati tale da poter estrapolare distorsioni del laser dell’ordine del picometro su distanze chilometriche. Questo complicato processo di elaborazione permetterà a LISA, quando sarà in orbita, di ascoltare il suono prodotto dall’onda che echeggia nell’universo, eliminando i rumori prodotti dagli strumenti.

Il ruolo destinato ai dati che verranno raccolti andranno ben oltre l’osservazione diretta di un fenomeno che confermerebbe la rivoluzionaria teoria einsteiniana, poiché studiando il ‘suono’ saremo in grado di estrapolare informazioni relative alla sorgente che l’ha prodotto, sia essa nella nostra galassia, la Via Lattea, o in una galassia molto lontana. Un linguaggio, quello ‘musicale’, che costituisce un nuovo metodo di indagine per l’astrofisica, e che con la messa in orbita di LISA nel 2020 permetteranno all’universo di affascinarci non solo con le sue luci ed ombre, ma anche con la sua melodia e la sua ‘voce’.