La longevità ha un sapore amaro: il segreto in 25 geni

Pubblicato il 1 Marzo 2011 - 20:23 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La longevità ha un sapore amaro. Oltre ai 200 geni che la controllano, ci sono 25 insospettabili: sono i geni che permettono di percepire l’amaro, sono molto attivi nei centenari e appartengono a un antichissimo meccanismo di allarme.

”Si sono evoluti come una difesa, per percepire le sostanze amare come potenzialmente tossiche” e ”proteggono da vizi come fumo e alcol”, ha detto il genetista Roberto Barale, prorettore per la Ricerca dell’università di Pisa, nel convegno sulla Medicina della riproduzione organizzato ad Abano Terme (Padova) dalla Società Italiana di Andrologia Medica e Medicina della Sessualità (Siams).

I geni dell’amaro sono numerosi in tutti i mammiferi. L’uomo, con i suoi 25, è in buona posizione. Lo precedono il topo, che ne ha 41, e il rospo, che ne ben 54. Il cane ne ha invece appena 19. Ogni gene, ha spiegato l’esperto, ”è associato ad una diversa sfumatura di amaro”. Si sta cominciando adesso ad associare a ciascun gene il tipo di cibi corrispondente: ”siamo appena agli inizi e c’è ancora moltissimo da fare”.

Dei 25 geni umani dell’amaro, alcuni sono specializzati nel riconoscere la sfumatura di gusto tipica del caffè, altri quella della cioccolata o del vino rosso. Ma non servono solo a percepire il gusto: si esprimono anche in stomaco, fegato, pancreas e intestino. E ancora nei testicoli e nei polmoni. Inoltre sono molto attivi nei centenari e nelle donne in gravidanza.

”La loro azione ”regola meccanismi complessi come assunzione di cibo, senso di fame, proliferazione cellulare, processi di secrezione in stomaco, intestino e pancreas”, ha osservato Barale. Inviano al cervello il segnale che dà il senso di sazietà, tanto che cominciare il pasto con un’insalata amara aiuta a dimagrire. La conferma del legame fra i geni dell’amaro e la longevità è arrivata dai risultati preliminari di uno studio su mille anziani calabresi di età compresa fra 60 e 100 anni, condotto da Barale in collaborazione con l’universita’ della Calabria.

”Abbiamo scoperto che, dei 25 geni, il più presente nei centenari è quello che fa percepire l’amaro della corteccia del salice (salicina), la sostanza presente nell’acido acetilsalicilico alla base della comune aspirina. ”Sicuramente questa variante favorisce la longevita’, ma ancora non sappiamo come”, ha detto Barale. Lo stesso gene è attivo nel regolare l’assorbimento del colesterolo.

”E’ possibile però che il gene funzioni solo con una dieta appropriata che lo stimoli”. Per esempio, alcune verdure amare molto comuni nella cucina del Sud, come cime di rapa o melanzane, potrebbero giocare un ruolo positivo contro l’invecchiamento. Identificare tutte le corrispondenze fra geni dell’amaro e cibi potrebbe aprire la strada a diete standard capaci di stimolarli.

Il fatto, poi, che gli stessi geni dell’amaro siano attivi anche nei testicoli suggerisce che ”potrebbero agire come sensori: se sono state ingerite sostanze amare e quindi potenzialmente velenose, che potrebbero danneggiare la prole, questi geni potrebbero inibire la produzione degli spermatozoi. Per ora è solo un’ipotesi affascinante, ma se fosse così questa potrebbe essere la via per il contraccettivo maschile”.