Spese “pazze” per Minzolini? Per Masi il caso è chiuso: “Sono un benefit”

Pubblicato il 2 Febbraio 2011 - 09:05 OLTRE 6 MESI FA

Augusto Minzolini

Sulle spese, viaggi e pranzi del direttore del Tg1 Augusto Minzolini, la Rai non sembra abbia intenzione di aprire nessuna inchiesta interna. Il direttore generale Mauro Masi in una lettera inviata al consigliere in quota Pd Nino Rizzo Nervo spiega: “Minzolini ha sempre rispettato le regole e non emergono violazioni”.

Eppure si parla di 86.680 euro addebitati sulla carta di credito della Rai “in uso a Minzolini nel periodo agosto 2009-settembre 2010”, scrive Repubblica.

A detta di Masi la carta di credito del direttore del Tg1 è “una sorta di benefit compensativo”, pare concordato con il presidente Paolo Garimberti “come lui può sicuramente confermare”. Eppure Garimberti smentisce in una lettera a Masi e Rizzo Nervo: “Non ero in alcun modo a conoscenza che la carta di credito concessa al direttore del Tg1 fosse un benefit compensativo”. E ancora chiarisce: “Non sono a conoscenza di alcun particolare che riguardi il contratto tra la Rai e Minzolini”.

Goffredo De Marchis su Repubblica spiega: “Il benefit infatti, tanto più in un’azienda pubblica, va dichiarato per pagarci sopra le tasse e i contributi previdenziali. Questa norma non è stata rispettata, e il presidente non ne sapeva nulla”.

Rizzo Nervo però sottolinea la “stranezza” dei 129 giorni lavorati fuori sede in un anno assegnati a Minzolini, perché sembra che solo in pochi casi non sarebbe stato specificato il motivo dei viaggi a Marrakech (2 volte), Cannes (2 volte), Ischia, Capri, Positano, Cortina, Taormina, Praga, Istanbul, Dubai, Madonna di Campiglio.

“Quando non è stato indicato lo scopo della missione ciò è avvenuto per motivi di riservatezza previa autorizzazione telefonica della direzione generale”, chiarisce Masi per il quale “questo lavoro di rappresentanza” può diventare “proficuo per la testata e per l’azienda”.

E il direttore generale fa riferimento all’incontro di Capodanno 2009-2010con  esponenti del governo marocchino “instaurando un rapporto tale per cui sei mesi dopo un redattore del Tg1 è messo nelle condizioni dal governo di Rabat di fare un reportage sulle infiltrazioni del terrorismo fondamentalista. Ebbene credo che l’azienda ci abbia più che guadagnato”. Questa “filosofia”, scrive ancora Masi secondo quanto riportato da Repubblica avrebbe permesso “un risparmio di gestione di oltre 600 mila euro”.

C’è dell’altro perché Masi scrive anche che “le carte di credito aziendali assegnate ai direttori di testata sono state sospese su mia iniziativa a far data dal 1 dicembre 2010. Quindi la fenomenologia fin qui segnalata non potrà più, per definizione, verificarsi in futuro”.

In tutta questa storia, fa notare Carlo Tecce sul Fatto, Masi avrebbe fatto autogol: “Scopre l’evasione fiscale per coprire Minzolini e si assume le conseguenze, dicono gli esperti del Cda. La prima: un procedimento della Corte dei conti. La seconda: un’inchiesta giudiziaria. “Non hanno ancora abolito l’obbligatorietà dell’azione penale? – dice con ironia un consigliere – Quindi: anche se nessuno fa un esposto in Procura, i magistrati possono indagare comunque sui fatti denunciati dallo stesso Masi””.