Il nuovo “dottor Dolittle”: inventata macchina che parla con gli animali

Pubblicato il 7 Giugno 2013 - 09:01 OLTRE 6 MESI FA
Il nuovo "dottor Dolittle": inventata macchina che parla con gli animali

Il nuovo “dottor Dolittle”: inventata macchina che parla con gli animali (Foto LaPresse)

ROMA – Il dottor John Dolittle per parlare con gli animali non aveva bisogno di nulla. Con Slobodchikoff, professore emerito di scienze biologiche della Northern Arizona University, invece ha dovuto costruire una macchina che traduce i versi dei cani della prateria in fluente inglese. La traduzione vale anche dall’inglese al linguaggio “canino” ed entro pochi anni, secondo Slobodchikoff, saremo in gradi di parlare almeno con cani e gatti.

Il professore della Northern Arizona University studia da tutta la vita il linguaggio animale e nel 1993, spiega Alberto Flores D’Arcais su Repubblica, ha fondato la “Animal Communications”:

“Una società – di cui è presidente e amministratore delegato – che si occupa solo di questo. Specializzato nello studio di cani e gatti (ha insegnato all’università corsi di “dog training”) negli ultimi tempi ha focalizzato i suoi studi su un animale in particolare: il “prairie dog”, che a dispetto del nome non è un cane delle praterie ma un roditore (una specie di marmotta) molto diffuso tra Stati Uniti, Canada e Messico”.

La scelta del cane delle praterie per i suoi studi è stata dettata dalla particolarità del loro linguaggio, spiega alla rivista The Atlantic il professore:

“Tra loro usano il più sofisticato linguaggio animale mai codificato”, ha raccontato il professor Slobodchikoff al magazine The Atlantic, “hanno fonemi simili alle parole, li combinano tra loro, usano quello che potremmo definire un chiacchiericcio sociale”.

I cani delle praterie poi riescono a comunicare tra di loro attraverso degli “allarmi”che definiscono il tipo di predatore che si avvicina alle loro tane. Coyote, cane o uomo, grande o piccolo, bianco o nero. Tipo, taglia e colore vengono comunicati negli allarmi sociali che diramano, allarmi che dimostrano la complessità del sistema sociale di questi animali:

“Personalmente penso che balene, delfini e scimmie abbiano un linguaggio molto sofisticato, ma ancora non abbiamo trovato il modo di codificarlo. Con i cani della prateria è stato invece possibile. Mi ci sono imbattuto quasi per caso, studiando il loro sistema sociale, sistema molto complesso. Usano “chiamate d’allarme” quando vedono un predatore, e queste sono state per me una sorta di Stele di Rosetta, nel senso che potrei decodificare quali informazioni sono contenute in questi allarmi”.

I cani della prateria hanno poi la caratteristica di vivere in colonie e di rimanere in un luogo:

“Il professore racconta come stiano in vere e proprie città, con circa cento abitanti l’una, come vengano identificati e classificati (uno ad uno), nutriti con semi di girasole (“ne sono ghiotti”), come ogni suono da loro emesso, ogni comportamento venga registrato e studiato.

Una volta osservati  studiati, comprendere il linguaggio e comunicare è compito della macchina dotata di intelligenza artificiale:

“Un mio collega che insegna “computer science” ed io usiamo tecniche di intelligenza artificiale, per creare un archivio di tutte le “chiamate” che fanno, che poi vengono elaborate dal computer e ci vengono restituite in lingua inglese. Possiamo capire il loro linguaggio e anche dire noi qualcosa a loro, sempre attraverso una rielaborazione del computer”.

Per ora la macchina per parlare con gli animali funziona solo con i cani delle praterie, ma secondo Slobodchikoff  entro pochi anni la situazione sarà ben diversa:

“Abbiamo la tecnologia per costruire apparecchi grandi come un telefono cellulare, nel giro di una decina di anni penso che saremo in grado di “parlare” veramente con i nostri cani e i nostri gatti”.