Parlamentari “traditori”: dal Pd a Berlusconi si può?
Strano perché per settimane tutto il Pdl e la Lega, Berlusconi in testa, hanno denunciato al paese lo “scandalo” politico e morale di deputati e senatori eletti nelle liste del Pdl che, Fini in testa, “cambiavano bandiera”, parole testuali di La Russa, uno fra i tanti degli indignati-disgustati dal “tradimento”. L’argomento, apparentemente inoppugnabile, è che se sei stato eletto, anzi nominato, in lista di partito, non puoi cambiare voto in Parlamento. E’ un argomento forte, condiviso dalla maggioranza della pubblica opinione. Ma è un argomento che si declina con i classici due pesi e due misure: il “mio” che se ne va è “traditore”, il “tuo” che ti abbandona è un rinsavito “responsabile” e benvenuto.
In realtà è un argomento sbagliato, sbagliato in radice, oltre che scorrettamente usato e agitato. Nella Costituzione italiana e in quasi tutte le Costituzioni il parlamentare eletto non ha “vincolo di mandato”. Cioè non è obbligato sempre a votare come gli ordina il partito. Non è una svista nè una licenziosa comodità. E’ una condizione obbligatoria e necessaria perchè i parlamentari siano liberi e non inutili. Se infatti i parlamentari “devono” votare secondo ordine di partito, si arriva dove Berlusconi è già arrivato: votino solo i capigruppo e così si perde meno tempo. E si arriva anche più in là, alla inutilità del Parlamento e quindi all’inutilità di eleggerlo. Basta votare il premier, il resto segue, obbligatoriamente.
Quindi i “finiani” o i Gaglione e le Bianchi hanno il diritto di votare pro o contro il governo, in qualunque lista siano stati eletti. I partiti e i giornalisti avrebbero invece l’obbligo di spiegare alla gente come funziona la democrazia parlamentare. Troppo spesso non lo fanno. E chi comunque volesse gridare al “traditore” avrebbe l’obbligo di farlo sempre, non solo quando gli conviene.