Point Nemo, cimitero spaziale sperduto nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico

di redazione Blitz
Pubblicato il 8 Novembre 2017 - 11:24 OLTRE 6 MESI FA
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Point Nemo, sperduto nell’Oceano Pacifico c’è il più grande cimitero spaziale della Terra

ROMA – Nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, c’è un luogo sperduto, il più lontano da qualsiasi terra emersa, dove vanno a finire le navicelle spaziali. Non a caso lo hanno battezzato Point Nemo: Nessuno, come il capitano protagonista dei celebri romanzi di Jules Verne “Ventimila leghe sotto i mari” e “L’isola misteriosa”. Ed è un vero e proprio cimitero, o discarica che dir si voglia.

Lì a circa 2600 km di distanza da qualsiasi costa le agenzie spaziali di tutto il mondo lasciano affondare le carcasse di velivoli, razzi e altri dispositivi coinvolti nella conquista dello spazio.

“E’ il posto più sicuro dove puoi far precipitare le cose senza colpire nulla”, ha spiegato Bill Ailor, ingegnere aerospaziale e specialista di rientro atmosferico della Nasa. Con la barca più veloce ci sono voluti 15 giorni, 10 ore e 37 minuti per arrivarci.

La terra più vicina è l’isola di Ducie a Nord, un piccolo atollo corallino che fa parte dell’arcipelago delle Pitcainr. Navigando verso Nord Est si raggiunge invece Moto-Nui, una delle isole di Pasqua. Mentre a Sud c’è l’isola di Maher, che fa parte dell’Antartide.

È talmente sperduto che per assurdo gli uomini più vicini a Nemo sono gli occupanti della Stazione Spaziale Internazionale quando vi passano sopra in orbita.

Secondo le stime, dagli anni Settanta ad oggi, sono più di 263 i veicoli spaziali che hanno “scelto” queste coordinate come luogo di schianto. A Point Nemo sarebbe dovuta finire anche la stazione spaziale cinese Tiangong-1 di 8,5 tonnellate, ma la Cina ne ha perso il controllo a marzo del 2016, e non si sa dove precipiterà sulla Terra nel 2018.

Secondo quanto riporta Noemi Penna sul quotidiano la Stampa:

Tecnicamente, questo posto non è esistito sino al 1992. A calcolare il Polo oceanico dell’inaccessibilità è stato l’ingegnere Hrvoje Lukatela con l’utilizzo del programma informatico geo-spaziale Ipparco. E fra i pochi ad oggi ad averci messo piede, o almeno ad essersi avvicinati, sono stati gli intrepidi partecipanti alla Volvo Ocean Race.