Raggi cosmici accelerati da motori sconosciuti

Pubblicato il 3 Marzo 2011 - 21:07 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La pioggia di particelle che bombarda la Terra ad energie altissime è generata, nel cosmo, da motori ancora sconosciuti. Finora si credeva che a «spingere» le particelle, o raggi cosmici, fossero la gigantesche onde d’urto generata dall’esplosione delle supernovae, ma l’esperimento Pamela ha dimostrato che devono esistere anche altri acceleratori cosmici. Questo risultato, una vera e propria rivoluzione per l’astrofisica, è pubblicato nell’edizione online di Science.

Coordinato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e condotto in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), l’esperimento internazionale Pamela (Payload for Antimatter Pamela (Payload for Antimatter Matter Exploration and Light-nuclei Astrophysics) si basa su uno strumento lanciato nel 2006 a bordo del satellite Resurs-DK1. La sua caratteristica unica è la possibilità di analizzare le caratteristiche dei raggi cosmici senza il disturbo dell’atmosfera e di conoscere così in dettaglio queste particelle misteriose e importantissime: conoscerle significa poter capire qualcosa in più su oggetti misteriosi come l’energia oscura e la materia oscura che insieme costituiscono ben il 95% dell’universo.

Pesante quasi 5 quintali, alto 1,3 metri con una base quadrata di 75 centimetri di lato, Pamela è composto da un grande magnete corredato da numerosi rivelatori che riconoscono le particelle che compongono i raggi cosmici e che ne misurano flusso ed energia. In questo modo Pamela ha dimostrato per la prima volta che le particelle che compongono i raggi cosmici, come i protoni e i nuclei di elio, non sono accelerate nello stesso modo alle alte energie. Differenze inaspettate, che hanno sorpreso i ricercatori perchè hanno messo in crisi la teoria finora più accreditata, secondo la quale il «motore» che accelera i raggi cosmici è l’onda d’urto generata dall’esplosione delle supernovae. «Secondo questa teoria tutte le particelle dovrebbero essere accelerate nello stesso modo, ma i dati di Pamela dimostrano che le cose non stanno così», ha osservato il responsabile dell’esperimento, Piergiorgio Picozza, dell’Infn.

Le particelle dei raggi cosmici ricevono quindi spinte diverse da motori diversi: è evidente, ha detto Picozza, che «l’ipotesi della supernova, da sola, non basta più». Sul tappeto ci sono già le prime ipotesi sull’identità dei nuovi acceleratori cosmici: potrebbero essere generati dalle novae, enormi esplosioni nucleari causate dall’accumulo di idrogeno sulla superficie di una nana bianca, oppure da supernovae di diverse dimensioni. Al momento, comunque, la natura di questi motori cosmici «resta un mistero», ha detto Picozza.

Trovare una spiegazione, ha aggiunto, «sarà compito dei fisici teorici, che adesso hanno finalmente a disposizione dei numeri». Soddisfatta anche la responsabile dell’Unità per l’Esplorazione e osservazione dell’universo dell’Asi, Barbara Neri: il risultato, ha detto, «è molto importante per la comprensione dell’origine dei raggi cosmici, che rappresenta uno dei grandi enigmi della scienza moderna».