Terremoti centro Italia, Ingv: “Il sisma del 2016 è avvenuto 110 anni prima del previsto”

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 21 Marzo 2019 - 13:12 OLTRE 6 MESI FA
Terremoto centro Italia: si è scatenato 110 anni prima del previsto

Terremoto centro Italia, interazione tra le faglie influenza anche l’energia dei sismi futuri

di Veronica Nicosia

ROMA – La sequenza di terremoti che hanno colpito il centro Italia a partire dal 30 ottobre 2016 ha innescato una sequenza sismica senza precedenti che ha influenzato non solo l’energia ma anche i tempi di sismi successivi. Un nuovo studio coordinato dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia spiega che il sisma del 2016 è avvenuto circa 110 anni prima del previsto.

Anche se non è possibile prevedere con precisione quando un terremoto si verificherà, gli scienziati studiando le interazioni delle faglie sono in grado di definire un arco temporale in cui è maggiore la probabilità dell’arrivo di un terremoto di una certa magnitudo.

Partendo appunto dallo studio delle interazioni tra le faglie che compongono il sottosuolo del centro Italia, i ricercatori hanno analizzato cosa è accaduto e sta ancora accadendo nella zona tra Amatrice, Norcia e L’Aquila. In particolare, si sono concentrati sul sisma del 30 ottobre 2016 di magnitudo pari a 6.5 e agli eventi dei mesi precedenti. La sequenza sismica dunque avrebbe “anticipato” di oltre un secolo la probabilità del verificarsi di un terremoto nella zona, dimezzandone però anche l’energia disponibile e quindi limitandone la magnitudo.

Il risultato si deve al team di ricerca dell’Ingv che ha collaborato con i colleghi della École Normale Supérieure (ENS) di Parigi e che è stato pubblicato nella rivista Scientific Reports. La sequenza sismica infatti è iniziata il 24 agosto 2016 con un evento di magnitudo 6 ed epicentro localizzato nel comune di Accumoli, nella provincia di Rieti. Poi il 26 ottobre altri due eventi rispettivamente di magnitudo 5.4 e 5.9 si sono verificati con epicentro a Visso, nella provincia di Macerata. Infine il 30 ottobre, appena quattro giorni dopo, nell’area compresa proprio tra i due precedenti epicentri si è scatenato il terremoto più forte: un evento di magnitudo pari a 6.5 e con epicentro a Norcia, nella provincia di Perugia.

Esaminando le energie rilasciate dalle fratture che si sono create nelle faglie lungo l’Appennino, e le tempistiche tra una scossa e l’altra, i ricercatori sono arrivati alla conclusione che c’è una profonda interazione tra le faglie. Proprio queste interazioni, spiega in un comunicato Nicola Alessandro Pino, ricercatore dell’Ingv e co-autore dello studio, permettono di svelare i meccanismi che si innescano fino al verificarsi dell’evento sismico successivo: “Negli ultimi decenni in Italia si sono verificate altre sequenze sismiche costituite da terremoti di magnitudo simile tra loro, avvenuti nella stessa area a distanza di pochi secondi, pochi giorni o pochi mesi”.

Pino ha poi aggiunto: “Queste evidenze fanno ipotizzare che la rapida successione di terremoti non sia casuale. Infatti, per alcune di queste sequenze è stato dimostrato che gli eventi precedenti hanno innescato quelli che sono seguiti. Le faglie interagiscono tra loro e alterano lo stato di sforzo sulle faglie limitrofe, allontanando il tempo del prossimo terremoto o, al contrario, portandole più vicine alla rottura”.

Le variazioni di sforzo prodotte da eventi precedenti, secondo gli autori, possono quindi allontanare o avvicinare nel tempo la rottura su una faglia adiacente, anche limitandone l’energia emessa. Vincenzo Convertito, ricercatore Ingv e anch’esso coinvolto nello studio, ha spiegato in un comunicato: “Anche per la sequenza del 2016 è ipotizzabile un effetto a cascata dei terremoti precedenti sui successivi. Il calcolo delle variazioni causate dal terremoto del 24 agosto e da quelli del 26 ottobre sulla faglia che poi si romperà il 30 ottobre mostrano, infatti, che i terremoti precedenti hanno modificato il campo di sforzo sulla parte meridionale e su quella settentrionale della faglia, incrementando invece significativamente lo sforzo nella zona centrale, soprattutto nella porzione più profonda della faglia. Da qui la mattina del 30 ottobre partirà poi la rottura”.

La zona in cui si è verificata la rottura della faglia il 30 ottobre 2016 ha una estensione di circa 440 chilometri quadrati di superficie, che è pari a due volte quella realmente attivata dal terremoto. Se tutta la zona si fosse rotta, l’energia emessa sarebbe stata almeno la doppia, provocando un terremoto di magnitudo almeno pari a 6,7 e non solo di 6,5. Inoltre anche le tempistiche sono state diverse da quanto atteso: il terremoto dunque è arrivato circa 110 anni prima del previsto.

Per questo motivo, concludono i ricercatori, “si può quindi affermare che gli eventi precedenti hanno anticipato di oltre un secolo l’accadimento del terremoto del 30 ottobre, ma allo stesso tempo ne hanno limitato la magnitudo, verosimilmente dimezzando l’energia disponibile, che corrisponde a un decremento della magnitudo pari a 0.2”. (Scientific Reports/Nature)