Dopo Torino: no alla violenza, sì al dissenso, sì alla democrazia

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 9 Settembre 2010 - 21:14 OLTRE 6 MESI FA

La contestazione violenta a Bonanni alla festa pd

Fischiare e tirare candelotti sono gesti equivalenti? Neppure per sogno e proprio per questo chi, come noi, non ha mai accettato la definizione di “squadristi” per quanti manifestano il proprio dissenso anche attraverso i fischi, deve invece esprimere una condanna senza subordinate per quanto è accaduto a Torino, per il tentativo violento di levare la parola al segretario della Cisl Bonanni.

Non c’è dissenso che tenga, non c’è polemica, non vi è nulla che possa giustificare la scelta di uscire da casa con i candelotti in tasca e con il deliberato intento di bloccare una pubblica discussione e di passare alle vie di fatto. Questo vale per Bonanni, per la festa del Pd, per chiunque altro, Berlusconi compreso, tanto per non essere reticenti.

L’aggressione di Torino, per altro, avrà un solo effetto, anzi forse lo ha già avuto ed è quello di assimilare tutte le forme del dissenso, di favorire un clima emergenziale nel quale ogni forma di pensiero critico rischia di essere inscritto nella categoria dei gesti “eversivi e intollerabili”.

Non a caso si sono udite le prime voci di chi, fingendosi sdegnato, comincia a interrogarsi sulla opportunità di continuare a tenere pubblici confronti, o sulle modalità delle manifestazioni o sulla necessità di regolamentare l’uso degli spazi per le manifestazioni.

Per queste ragioni e prima che la situazione degeneri sarà il caso, come hanno fatto tutte le grandi organizzazioni democratiche e sindacali, di essere tanto fermi nell’isolamento dei violenti, quanto determinati nella tutela del diritto al dissenso e nella possibilità di manifestare, anche in forme clamorose ma sempre non violente, tutte le opinioni, anche quelle a noi più sgradite.

Le società aperte debbono saper isolare i germi della violenza e della distruzione, senza mai defllettere dalla più rigorosa tutela dei principi racchiusi nelle carte costituzionali.

Quanto ai fischi sarà bene non usarli per impedire agli altri di parlare, ma continuiamo a trovare singolare che ai fischi di un gruppo di cittadini sia riservata una ondata di sdegno e alla non tanto metaforica pernacchia del ministro Bossi sia invece accolta da molti come “una eccentrica espressione”, tipica di Bossi e della Lega.

Chi si è indignato per i fischi faccia sentire la sua voce anche contro “il pernacchio istituzionale”, ma sui candelotti, sulle sediate, sui volti coperti, cerchiamo di evitare polemiche e distinzioni che potrebbero rivelarsi letali per l’ordinamento democratico e soprattutto per tutti quei movimenti e quelle associazioni che vorrebbero continuare ad esprimere il proprio civile e persino radicale dissenso, senza mai cedere alla tentazione della illegalità e della cancellazione delle regole, sport per altro che in questo paese ha già autorevoli interpreti in una parte di quella che dovrebbe essere la classe dirigente.