Viaggi nello spazio per scopi ricreativi, cosa accade nostro corpo se moriamo su un altro pianeta?

I viaggi nello spazio per scopi ricreativi stanno diventando una possibilità molto concreta. Dunque in futuro l’essere umano potrebbe trasferirsi su altri pianeti per trascorrere le vacanze. O forse anche per vivere stabilmente, secono quanto riferisce Giampaolo Scacchi.
 
La società spaziale commerciale Blue Origin di Jeff Bezos ha già iniziato a ospitare clienti paganti su voli suborbitali. Ed Elon Musk spera di avviare una base su Marte con la sua azienda SpaceX.
Ciò significa che dovremmo iniziare a pensare come sarà vivere nello spazio, ma anche a cosa accadrà se una persona morirà su un altro pianeta.

Cosa accade al nostro corpo se moriamo su un altro pianeta?

Sulla Terra, il corpo umano dopo il decesso passa attraverso una serie di stadi di decomposizione.  Stadi descritti, riferisce space.com, già nel 1247 in The Washing Away of Wrongs di Song Ci, in pratica il primo manuale di scienze forensi.
 
Inizialmente c’è il livor mortis: è la stasi del sangue non più pompato dal cuore, che per gravità filtra lentamente verso il basso attraverso i tessuti. Quando il sangue raggiunge la pelle, nella parte inferiore del cadavere si formano delle macchie di colore variabile. 
 
A quel punto il corpo si raffredda fino a raggiungere l’algor mortis e i muscoli si irrigidiscono a causa dell’accumulo incontrollato di calcio nelle fibre muscolari. Nello stadio successivo, il rigor mortis, gli enzimi e le proteine che accelerano le reazioni chimiche abbattono le pareti cellulari liberandone il contenuto.
 
Al contempo, i batteri presenti nell’intestino fuoriescono e si diffondono in tutto il corpo. Divorano i tessuti molli – putrefazione – e i gas che rilasciano fanno gonfiare il corpo. Il rigor mortis viene superato quando i muscoli e i tessuti molli vengono distrutti, il corpo emette odori sgradevoli rilasciati dagli orifizi.
 
Questi stadi di decomposizione sono i fattori intrinseci, ma ci sono anche fattori esterni che influenzano il processo di decomposizione, tra cui la temperatura, l’attività degli insetti, seppellire o avvolgere un corpo in un telo e la presenza di fuoco o acqua. La mummificazione, il disseccamento del corpo, si verifica in condizioni di asciutto, che possono essere calde o fredde.
 
In ambienti umidi e privi di ossigeno può verificarsi la formazione di adipocere, ossia l’acqua può provocare la scomposizione dei grassi in un materiale ceroso attraverso il processo di idrolisi. Il rivestimento ceroso può fungere da barriera sulla pelle così proteggerla e preservarla.
 
Ma nella maggior parte dei casi, i tessuti molli alla fine scompariranno e rimarrà lo scheletro, composto da tessuti duri molto più resistenti e che possono sopravvivere per migliaia di anni.
Come potrebbe essere dunque la decomposizione su altri pianeti? 
 

Come influisce la diversa gravità sul cadavere

La diversa gravità rilevata su altri pianeti avrebbe sicuramente un impatto sullo stadio del livor mortis, e la mancanza di gravità mentre il cadavere fluttua nello spazio significherebbe che il sangue non raggiungerebbe la parte inferiore del corpo.  All’interno di una tuta spaziale, il rigor mortis si verificherebbe comunque poiché è il risultato della cessazione delle funzioni corporee. 
 
E i batteri dell’intestino divoreranno comunque i tessuti molli. Ma questi batteri per funzionare correttamente hanno bisogno di ossigeno e dunque una fornitura d’aria limitata rallenterebbe notevolmente il processo.
Anche i microbi presenti nel suolo contribuiscono alla decomposizione. Se un qualsiasi ambiente planetario inibisce l’azione microbica, come l’estrema secchezza, migliora le possibilità di conservazione dei tessuti molli. La decomposizione in condizioni così diverse dall’ambiente terrestre comporterebbe fattori esterni più complicati, ad esempio riguardo allo scheletro.
 
Quando siamo vivi, l’osso comprende sia componenti organiche come vasi sanguigni e collagene, sia inorganiche ad esempio minerali come il calcio, il fosforo, il fluoro ed il magnesio. Normalmente, la componente organica si decompone e dunque gli scheletri che vediamo nei musei sono per lo più resti inorganici.

Cosa succede allo scheletro sui pianeti acidi

Ma in suoli molto acidi,  presenti su altri pianeti, può accadere il contrario e la componente inorganica può scomparire lasciando solo i tessuti molli. Sulla Terra la decomposizione dei resti umani fa parte di un ecosistema equilibrato in cui i nutrienti vengono riciclati da organismi viventi, come insetti, microbi e persino piante.  Gli ambienti su pianeti diversi non sono evoluti nello stesso efficiente modo. Gli insetti e gli animali spazzini non sono presenti.
 

Nel deserto di Marte? Si arriverebbe all’essicazione dei tessuti molli

Ma le condizioni aride simili a quelle del deserto di Marte potrebbero comportare l’essicazione dei tessuti molli e forse il sedimento trasportato dal vento eroderebbe e danneggerebbe lo scheletro in un modo analogo a quanto accade sulla Terra. 
 
Nel processo di decomposizione, anche la temperatura è un fattore chiave. Sulla Luna, ad esempio, le temperature possono variare da 120 a -170 gradi Celsius.  I corpi potrebbero quindi mostrare segni di cambiamento indotto dal calore o danni da congelamento. “Ma è probabile che non ci sarebbero grandi trasformazioni nei resti, poiché non si verificherebbe l’intero processo di decomposizione che avviene sulla Terra”, ha scritto in un articolo Tim Thompson, docente di Antropologia Biologica Applicata presso la Teesside University nel Regno Unito.
 
“I nostri corpi sarebbero gli ‘alieni’ nello spazio. Forse a quel punto sarebbe necessario trovare una nuova forma di pratica funeraria, che non comporti gli elevati fabbisogni energetici della cremazione o lo scavo di tombe in un ambiente inospitale” ha concluso Thompson.
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