Allerta in Piemonte, Geomorfologi italiani: “Oltre 36mila frane, solo 300 vengono monitorate”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Dicembre 2017 - 14:40 OLTRE 6 MESI FA
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Allerta in Piemonte, Geomorfologi italiani: “Oltre 36mila frane, solo 300 vengono monitorate”

TORINO – Allerta per rischio idrogeologico in tutto il Piemonte. A lanciare l’allarme per alluvioni e frane è l’associazione Geormofologi Italiani, che spiega come solo nel mese di ottobre 2017 con gli incendi siano andati distrutti 2mila ettari di bosco, facendo elevare il rischio idrogeologico. La regione infatti è interessata da alluvioni ogni 18 mesi, mentre sono 36mila le frane attiva ma solo 300 quelle monitorate.

A parlare è Simona Fratianni, docente di geomorfologia climatica del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino e Consigliere Nazionale dei Geomorfologi Italiani, che spiega come il rischio di alluvioni e frane sia molto più elevato e la regione Piemonte, data la forte variabilità climatica e l’alternanza di siccità a piogge torrenziali, sia in allerta:

“Il Piemonte nell’arco di un solo mese, Ottobre 2017, ha perso più di 2000 ettari di bosco. Ciò ha condizionato fortemente la vulnerabilità del suolo. Negli ultimi 10 anni si sono verificati 366 incendi/anno con perdita di 1800 ettari. Il 54% del territorio piemontese è occupato da foreste. Il bosco con i suoi 127.000 ettari svolge una funzione protettiva efficace nei confronti dell’erosione del suolo. Nel solo Ottobre 2017 abbiamo avuto più di 200 incendi in un lasso di tempo ridotto e durante un mese contraddistinto solitamente da consistenti apporti piovosi. La Regione Piemonte è molto colpita da eventi alluvionali (tempo di ricorrenza di un evento ogni 18 mesi). Inoltre sono ben 36000 le frane attive censite (con deformazioni da 19 a 30 metri di profondità) dal progetto IFFI (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia). E’ presente un’attività di monitoraggio delle frane solo per circa 300 fenomeni franosi  grazie all’ausilio della Rete Regionale di Controllo dei Movimenti Franosi”.

La Fratianni ha poi sottolineato che proprio la perdita di copertura vegetale a causa degli incendi renda il terreno più erodibile dalla pioggia battente:

“I versanti andranno incontro a processi di dilavamento superficiale e gravitativi a causa della minor capacità di intercettazione delle gocce di pioggia da parte della vegetazione. Per la presenza di ceneri il suolo risulterà meno permeabile con aumento di deflusso superficiale, minor tempo di corrivazione (tempo che occorre alla goccia di pioggia a raggiungere la sezione di chiusura del bacino idrografico) e maggiore incidenza di piene dei fiumi, con conseguente possibilità di eventi alluvionali. Il territorio piemontese presenta alta complessità sui rischi naturali e ambientali a causa della forte  variabilità climatica e soprattutto pluviometrica”.

Anche la siccità che ha interessato la regione dalla primavera 2017 in poi ha portato ad un aumento degli incendi:

“A partire dalla primavera 2017 sul Piemonte si è verificato un periodo di siccità severa perdurante fino all’intensificazione del fenomeno con assenza totale di precipitazioni da metà settembre al 3 novembre. Questa situazione ha generato le condizioni adatte all’instaurarsi di incendi boschivi, sviluppatisi anche grazie alla presenza di giornate di foehn, tipiche soprattutto della Valle di Susa, in provincia di Torino, che hanno alimentato i focolai. Il Piemonte nell’arco di un solo mese ha perso più di 2000 ettari di bosco. Ciò ha condizionato fortemente sia la vulnerabilità del suolo e sia l’aumento di inquinamento atmosferico con pesanti ricadute sulla salute umana. Infatti a causa dell’assenza di pioggia, soprattutto Torino e provincia, si trovavano sotto l’assedio dello smog e delle polveri sottili con valori di Pm10 di gran lunga superiori alla soglia di 50 mg/m3 consentita per legge.

A questa situazione si sono sommati i valori di inquinamento causati dalla combustione della biomassa che ha fatto salire vertiginosamente i valori di Pm10 con picchi anche 7 volte i valori di legge (350 mg/m3)! Anche in zone solitamente non particolarmente interessate dall’inquinamento atmosferico come il pinerolese. Il geografo fisico e il gemorfologo svolgono un ruolo chiave nella gestione del territorio, a cominciare dalle fasi di prevenzione con l’analisi di dati meteorologici e di terreno ed ambientali, con l’approfondita conoscenza dei processi geomorfogenetici dominanti e con la corretta  interpretazione e gestione dei fenomeni erosivi, gravitativi ed alluvionali”.