Assalto all’Italia: ogni giorno cementificati 161 ettari di terreno, come 251 campi di calcio

Pubblicato il 3 Dicembre 2010 - 10:40 OLTRE 6 MESI FA

Da Nord a Sud ogni giorno si aggiunge in Italia un mattone in più:  sono 161 ettari gli ettari di terreno cementificato, la stessa superficie di 251 campi da calcio.

In quello che Giampaolo Pansa chiamava il Belpaese  convivono insieme «il più basso tasso di crescita demografica d’Europa, e uno dei più bassi del mondo» e «il più alto tasso di consumo di territorio». Lo scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera snocciolando i dati di Salvatore Settis, l’archeologo, che ha scritto “Paesaggio, Costituzione, Cemento”.

Si costruisce devastando, da Bolzano fino a Palermo e i dati parlano da soli di questa “alluvione di cemento”. «Negli undici anni dal 1991 al 2001 l’Istat registra un incremento delle superfici urbanizzate del 15%, ben 37,5 volte maggiore del modesto incremento demografico degli stessi anni (0,4%), mentre nei sette anni successivi l’incremento delle superfici edificate è stato del 7,8%». Ancora: «Tra il 1990 e il 2005 la superficie agricola utilizzata (Sau) in Italia si è ridotta di 3 milioni e 663 mila ettari, un’area più vasta della somma di Lazio e Abruzzo: abbiamo così convertito, cementificato o degradato in quindici anni, senza alcuna pianificazione, il 17,06% del nostro suolo agricolo».

«In alcune regioni (specialmente al Sud, ma non solo) si è andato radicando un diffuso abusivismo, che offende il paesaggio e la storia ignorando le norme ed eludendo i controlli. In altre regioni (specialmente al Nord, ma non solo), i delitti contro il paesaggio si consumano non ignorando le regole, ma modificandole o “interpretandole” con mille artifizi, perché siano al servizio non del pubblico bene, ma del “partito del cemento”, invadente e trasversale». Solo in Calabria ufficialmente ci sono 5.210 abusi edilizi nei 700 chilometri delle coste calabresi, mediamente uno ogni 135 metri, di cui “54 all’interno di Aree Marine Protette, 421 in Siti d’interesse comunitario e 130 nelle Zone a protezione speciale”, incluse le aree archeologiche».

«L’intrico normativo e la labirintica segmentazione delle competenze fra Stato, Regioni, Province e Comuni contribuiscono in modo determinante alla mancata tutela del paesaggio», denuncia Settis. Aggravato da scelte scellerate: i comuni, asfissiati dalla mancanza d’ossigeno finanziario, sono spinti per fare cassa a «ricorrere in modo ancor più massiccio agli oneri di urbanizzazione, cioè alle nuove costruzioni» questo «ha ulteriormente accelerato la devastazione del territorio».