Gli astronomi col telescopio Hubble cercano le immagini delle origini del mondo

Pubblicato il 6 Gennaio 2010 - 12:04 OLTRE 6 MESI FA

Il telescopio spaziale Hubble ha catturato immagini dell’universo che risalgono a 13 miliardi di anni fa.

Un'immagine dell'universo 13 miliardi di anni fa cattturata dallo Hubble

Un'immagine dell'universo 13 miliardi di anni fa cattturata dallo Hubble

 

Le immagini sono state diffuse a Washington, dove è in corso l’annuale conferenza della società degli astronomi americani. All’ordine del giorno temi come “Il lato oscuro della cosmologia”, che fa da cappello ai lavori del 6 gennaio e che sembra un tema molto appropriato al giorno Befana. Si parlerà di “materia oscura”, “energia oscura e materia oscura”, come alla prima di un sequel di “Guerre stellari” e ancora del “contenuto di materia delle strutture cosmiche”, della “rapida formazione dei pianeti attorno alle stelle calde” e di come si “formano le collisioni” tra “polvere aliena e luna”.

I lavori hanno avuto inizio lunedì 4, all’insegna dei “buchi neri” e sono proseguiti martedì con i “misteri stellari” e le galassie remote, con l’annuncio di nuove scoperte.

Le immagini di queste antichissime galassie, vecchie quasi quanto il mondo, sono state catturate dallo Hubble, parcheggiato nello spazio e quindi libero dal velo dei miasmi terrestri. A maggio 2009 sullo Hubble era stata installata una nuova “macchina fotografica”, la “wide field camera 3”, un grandangolo che in comune con le nostre macchinette da dieci pixel ha in comune solo i termini. Si tratta in realtà di un congegno estremamente sofisticato, capace di catturare, in un tempo di posa di ben 170 mila secondi, cioè oltre 47 ore, e con una sensibilità alla luce superiore di 250 milioni di volte a quella dell’occhio umano nudo, segnali mandati dal cosmo 13 miliardi di anni fa, cioè circa 600 milioni di anni dopo il Big bang.

Non sono solo bellissime e affascinanti immagini: sono un passo avanti importanti nella ridefinizione dell’origine del mondo dal punto di vista temporale. Esse infatti spostano indietro di centinaia di milioni di anni la data di formazione del sistema planetario come lo possiamo vedere oggi, anche se le galassie ritratte dallo Hubble sono molto più piccole di quelle attuali: circa la ventesima parte della Via Lattea, che è la galassia che tutti possiamo ammirare da qualunque parte del mondo nelle notti d’estate. Uno scienziato le ha definite “i semi di quelle di oggi”.

Secondo le teorie più accreditate sulle origini del mondo, il momento iniziale, il Big bang, si colloca a 13,7 miliardi di anni da oggi. Dopo l’esplosione di luce del Big bang, per qualche misteriosa ragione, l’universo precipitò nel buio. Per centinaia di milioni di anni ci furono soltanto idrogeno, elio e un vago chiarore d’alba. Cosa accadde dopo, e quanto dopo, è per ora uno dei grandi misteri della cosmologia. Si pensa che a un certo punto si siano formate le prime stelle, che emanarono energia ultravioletta che a sua volta “ionizzò” l’idrogeno, caricandolo e avviando il processo di formazione delle galassie: l’universo, ha detto uno scienziato, “si accese come un albero di Natale”.

Quante centinaia di milioni di anni dopo il Big bang questo sia avvenuto è quel che gli astronomi stanno ora cercando di scoprire con strumenti sempre più sofisticati. Nel 2014 sarà messo in orbita un nuovo telescopio, il “James Webb space telescope”, ancor più potente dello Hubble.

Le galassie fotografate dallo Hubble, per quanto meno sviluppate della nostra amata Via Lattea, sono comunque in una fase già molto evoluta e tutto fa pensare che, scavando nel passato, si possa risalire a immagini di un universi ancor più semplice e in formazione.

I telescopi tipo Hubble sono un po’ come delle macchine del tempo: intercettano segnali luminosi emessi da corpi celesti, che forse non ci sono nemmeno più ma che erano o sono a distanze quasi infinite da noi. Si tratta di distanze talmente grandi che la luce proveniente da loro, pur viaggiando a 300 mila chilometri al secondo, ha impiegato 13 miliardi di anni per raggiungerci. Dopo tanto tempo e a tanta distanza il segnale è ovviamente molto debole, niente di diverso dal telefonino in aperta campagna. Per questo ci vogliono macchine sempre più sensibili e potenti, il resto verrà da solo: “Siamo solo all’inizio di questa nuova fase di scoperte”, ha detto a Foxnews.com John Grunsfeld, ex astronauta e vice direttore dello Space telescope institute science di Baltimora, in America.