Il “mentecatto” fa giurisprudenza: dalla Cassazione stop ad offese tra politici

Pubblicato il 10 Settembre 2010 - 16:35 OLTRE 6 MESI FA

Basta con “offese ” e “attacchi personali” tra politici. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con una sentenza in cui spiega di non ritenere fondata “la tesi sull’esistenza nella nostra democrazia di un’area, il confronto politico, in cui si sarebbe sedimentata, grazie ad un lessico fatto di ingiurie reciproche, una sorta di desensibilizzazione ai termini offensivi, che perderebbero ,per consuetudine, rilevanza penale, rilevanza che invece mantiene nell’ambito dell’intera cittadinanza”.

Una tesi che, dicono i giudici della Quinta Sezione Penale “si fonda su una concezione della gestione dei pubblici poteri, in cui i rappresentanti della democrazia rappresentativa potrebbero esprimere le proprie opinioni con strumenti di comunicazione vietati dalla legge, invocando un trattamento di favore, inammissibile dinanzi al fondamentale principio di uguaglianza dinanzi alla legge”.

Ma c’è di più: “al di là dei diversi orientamenti interpretativi -scrivono i giudici del’Palazzaccio’- il diritto di critica deve rispettare il limite della continenza, deve consistere cioè, in un dissenso motivato espresso in termini misurati e necessari che non trasmodino in attacchi personali, lesivi della dignità morale ed intellettuale della persona che in qualsiasi contesto di vivace polemica rimane comunque penalmente tutelata”.

L’occasione per i Supremi giudici di bacchettare i politici è offerta dal caso di un ex sindaco del comune di Casaleone, provincia di Verona, che in una seduta del consiglio comunale aveva apostrofato il nuovo sindaco come un “mentecatto”. Si era infatti scatenato un litigio in un dibattito acceso “sull’opportunità di consentire o meno le riprese televisive delle riunioni consiliari”.

In particolare l’ex sindaco riferendosi al sindaco aveva detto “lascia stare quello lì che è un mentecatto”. Il Tribunale di Verona aveva così confermato la condanna del giudice di pace di Legnano, a 200 euro di multa più un risarcimento danni da stabilire in sede civile, per ingiuria, nei confronti dell’ex sindaco. Invano in Cassazione l’ex sindaco si è appellato all’esercizio del diritto di critica politica,la condanna infatti è stata confermata.

Inoltre sulle riprese televisive, che il sindaco aveva autorizzato senza consultare i consiglieri, la Cassazione ritiene che il comportamento del primo cittadino non possa essere “qualificato come illegittimo, come fatto riprovevole, alla luce della coscienza etica della società che in questo momento storico è estremamente favorevole all’uso del mezzo di comunicazione televisivo.”