Clonazione umana: organi di ricambio dalle cellule staminali

Pubblicato il 6 Ottobre 2011 - 15:44 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La clonazione umana potrebbe essere un metodo per ottenere “organi di ricambio”. Le cellule staminali clonate potrebbero esser impiegate per curare malattie come il Parkinson. Per avere un “ricambio” che non crei rigetto nel paziente sarebbe necessario estrarle da un’embrione clonato dal soggetto malato. Un esperimento pubblicato su Nature riporta di 13 embrioni umani clonati da pazienti affetti da diabete. Ogni embrione non è propriamente identico al suo originale, ma differisce di 3 cromosomi in più nel corredo genetico. Ciò rende gli embrioni inadatti all’impianto in un eventuale madre surrogato e la gravidanza non giungerebbe al termine.

La ricerca presenta dei lati “oscuri” di carattere medico e soprattutto etico. L’embrione così creato è umano a tutti gli effetti. Dieter Egli, ricercatore del New York Stem Cell Foundation Laboratory, ha spiegato: “Questo è il primo passo per la ricerca finalizzato alla cura di malattie devastanti”.  Il dottor Egli ha comunque precisato che non si tratta propriamente di clonazione, perché “non abbiamo davvero idea di quanto sia difficile eliminare il cromosoma extra inserito nel corredo genetico dell’embrione”.

Creare un tessuto “fresco” da impiantare nell’uomo è un passo davvero difficile. Sarebbe la procedura ideale per azzerare il rischio di rigetto da parte del sistema immunitario e delle cellule “mature” che dovrebbero subire una riprogrammazione. Ma il metodo è ancora primitivo e non privo di rischi per la salute. Un altro modo di ottenere le cellule staminali “curative” sarebbe quello di riprogrammare la cellula uovo per ottenere l’embrione, pratica utilizzata dagli scienziati che hanno clonato la pecora Dolly. E’ anche vero, però, che i metodi di successo nella clonazione usati per molti mammiferi si sono rivelati inefficaci per la clonazione umana.

Si è dimostrata invece efficace la riprogrammazione delle cellule staminali, che sono “totipotenti” e possono dunque trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula specializzata di cui il paziente abbia bisogno. George Daley, ricercatore in staminali del Chidren’s Hospital di Boston, ha detto: “Penso che questa pubblicazione sia una pietra miliare, anche se non è una vittoria completa. E’ la prova del fatto che le tecniche di clonazione possono essere riprogrammate con successo”.

La tecnica di Egli e dei suoi colleghi ha ottenuto solo 13 embrioni dai 270 ovuli fecondati e donati da 16 donne. Dagli embrioni si sono ottenute solo due linee stabili di cellule staminali. La difficoltà dello studio risiedono anche nel procurarsi gli ovuli umani, concessi difficilmente per meri scopi di ricerca scientifica. Il problema maggiore è comunque quello di riuscire ad eliminare il set extra di cromosomi che si trova anche nelle cellule staminali così prodotte.Lo studio rappresenta comunque un successo secondo Egli: “Per la prima volta abbiamo un esperimento che funziona e che possiamo ottimizzare partendo da questo primo passo”.