La cometa di Halley causò la peste a Bisanzio: la bizzarra teoria della ricercatrice Dallas Abbott

Pubblicato il 3 Gennaio 2014 - 14:56 OLTRE 6 MESI FA
La cometa di Halley causò la peste a Bisanzio

LA cometa Halley nell’ultimo avvistamento avvenuto nel 1986

ROMA – La cometa di Halley, è tata la prima a essere stata classificata dall’astronomo che nel Settecento le diede il nome, come un astro a ritorni periodici. La cometa, non ha mai goduto di buona fama: ad ogni sua apparizione che avviene ogni 76 anni, astrologi e millenaristi hanno attributo sventure capitate in concomitanza a re e governanti: alla sconfitta di re Harold d’Inghilterra nel 1066, alla malattia di Edoardo VII nel 1910.

Ora è la ricercatrice americana Dallas Abbott a scagliare sulla cometa una nuova accusa: l’avere provocato la cosiddetta “peste di Giustiniano”», una pandemia che devastò l’Impero romano d’Oriente fra il 541 e il 542 dopo Cristo, decimando la popolazione di Bisanzio e di altre grandi città mediterranee. L’epidemia favorì l’avanzata degli invasori gotici, geneticamente immuni dal morbo.

Spiega tutto Franco Foresta Martin in un articolo pubblicato venerdì 3 gennaio sul Corriere:

“La Abbott è una geologa marina, abbastanza nota fra gli studiosi di scienze della Terra per le sue campagne di esplorazione sui fondali oceanici, alla ricerca dei segni lasciati dagli impatti asteroidali e per i suoi studi sulle correlazioni fra eventi cosmici e cambiamenti climatici. Si è formata al Massachusetts Institute of Technology e poi è passata all’Earth Observatory di Lamont-Doherty nella Columbia University degli Stati Uniti. Nel 2009, studiando alcune carote di antichi sedimenti prelevati nei ghiacci della Groenlandia, Abbott ha scoperto un livello, databile dal 533 al 540 d. C., ricco di «sferule cosmiche»: palline di dimensioni submillimetriche derivanti dall’improvvisa fusione e quindi solidificazione di composti silicatici e metallici. Le sferule si trovano spesso attorno ai crateri scavati dai meteoriti, dove gli impatti generano istantaneamente altissime temperature e pressioni, scaraventando in aria miriadi di frammenti che poi ricadono a terra. Mescolati alle sferule, la Abbott ha trovato pure gusci di diatomee e silicoflagellati marini”.

“Già quattro anni fa la scoperta di Abbot diede la stura ad alcune pubblicazioni scientifiche e storiche che tentavano di stabilire un nesso fra l’eventuale caduta di un’asteroide e la peste che dilagò ai tempi dell’imperatore Giustiniano, ipotizzando che l’impatto avrebbe sollevato una fitta nebbia di detriti rimasti per mesi in sospensione nell’atmosfera, tanto da provocare l’attenuazione della luce solare e l’inevitabile catena:abbassamento delle temperature medie globali (si ipotizza di 3 gradi centigradi), carestie, calo delle difese immunitarie, epidemie e peste. In effetti, alcuni antichi cronisti dell’impero riferiscono, nelle loro storie, del sole che risplendeva pallido come la luna, di un freddo insolito, di invasioni di ratti, insetti e parassiti d’ogni tipo, e di mortalità per la peste che nella sola Bisanzio, tra il 541 e il 542, toccò il picco di 10 mila decessi al giorno, costringendo gli amministratori a far scavare gigantesche fosse comuni e a stipare i cadaveri in torri inutilizzate”.

“Ora la Abbott, durante una riunione dell’American Geophysical Society che si è svolta a metà dicembre, ha spiegato che esistono fondati indizi per attribuire questi eventi catastrofici alla cometa di Halley. Un’accurata determinazione della stagione in cui si formarono le sferule cosmiche trovate in Groenlandia porterebbe infatti al mese di maggio, quando ogni anno si verifica la pioggia di meteore dette «eta aquaridi», correlabili ai detriti sparsi lungo la sua orbita dalla cometa di Halley. I detriti cometari sono, per lo più, granelli di polvere e piccoli sassi, ma la Abbott avanza l’ipotesi che il nucleo della Halley, in uno dei suoi passaggi al perielio, si sia frammentato, lasciandosi dietro un pezzo grande qualche centinaio di metri. Attratto dalla Terra, il frammento di cometa sarebbe precipitato, scavando un grande cratere nel fondo di un oceano e scaraventando in aria polveri rimaste in sospensione per alcuni anni; fra queste le sferule assieme a gusci di microorganismi marini che poi si sono depositati nei ghiacci della Groenlandia”.

La scienziata appartiene a quel filone che cerca correlazioni tra eventi catastrofici avvenuti sulla Terra e fenomeni cosmici. SI tratta dello stesso filone che negli anni Ottanta ebbe fortuna con la teoria dell’estinzione dei dinosauri per colpa di un asteroide. Come conclude però il Corriere

“Nel caso della peste di Giustiniano la catena degli eventi appare piuttosto tortuosa e gli indizi che la dovrebbero sostenere molto labili”.